Innanzi tutto prepariamoci a questa mostra capendo il suo significato storico. La fotografia come arte autonoma nasce in Africa in un momento più tardo rispetto ad altre regioni del mondo. Le immagini che ci vengono offerte sono testimoni di un passato travagliato che lascia trasparire qualche spiraglio di un mondo culturale sotterraneo pullulante di stimoli.
L’associazione Lai Momo, dal ’95 attenta alle esigenze di questi popoli e al bisogno di promuovere una società interculturale, pochi mesi fa ci aveva proposto un excursus all’interno della arte figurativa africana e adesso ci svela i segreti del mondo dell’obiettivo.
La mostra si articola in due sezioni che corrispondono ai due periodi fondamentali dell’arte fotografica del Continente Nero. Cominciamo con i “Ritrattisti”, i primi che segnano la loro autonomia rispetto ai professionisti Europei. Agli esordi sono in pochi, senza mezzi, senza particolari conoscenze tecniche ed idee originali. Lavorano in casa, incorniciano i volti di familiari, personaggi politici o famiglie borghesi. In breve tempo si impossessano del mezzo e aprono i primi studi. Il risultato sono serie di volti su sfondi neutri, con espressioni forzate. Dietro l’apparente ripetitività, questi artisti scoprono giochi di luce ed ombra, sfumature impensate e persino particolari nascosti dietro facce apparentemente anonime. E così la stessa arte del ritratto si evolve: dalle pose statuarie e ufficiali di autorità di stato, a persone fissate nella loro singolarità, sorridenti, imbronciate, riflessive e spensierate. Nonostante tale processo, è ancora forte il peso della colonizzazione, che dalla politica si estende fino ad intaccare tutti i settori della società.
Non voglio anticiparvi troppo, adesso vi lascio il piacere di addentrarvi in questo mondo che misterioso ed attraente. E intanto pregusto le altre esposizioni che la rassegna “L’Occhio d’Ercole” sta preparando.
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