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Fino al 16.VI.2002 | Alessandro Tiarini – La grande stagione della pittura del Seicento a Reggio Emilia | Reggio Emilia, Palazzo Magnani e Chiostri di San Domenico

di - 5 Aprile 2002

…scriveva Marangoni nel 1912 e pare a tutt’oggi una delle definizioni più felici di un pittore (1577-1668) che è stato capace di creare, in terra reggiana per vent’anni, un’alternativa forte all’idealismo classicista in voga a Bologna sub esempio di Reni e poi Guercino. La sua infatti è una pittura che racconta, con afflato emotivo e realismo di gesti e situazioni, storie sacre e profane, seguendo i precetti di verosimiglianza e i fini edificanti che dovevano avere le immagini secondo il cardinale Gabriele Paleotti. La linea culturale da cui deriva tale atteggiamento mentale è quella che da Prospero Fontana e Bartolomeo Cesi, passa attraverso il “riformato” e toscano Passignano, pittori tutti di rigore etico, oltre che pittorico (gli ultimi due soprattutto) ed approda, col ritorno a Bologna del Tiarini all’inizio del Seicento, alla grande lezione di Ludovico Carracci, giocata sulla concentrazione drammatica con cui risolveva il racconto. La ricerca del vero in Tiarini veniva coadiuvata dalle letture che, come ci racconta Malvasia, faceva a lungo prima di affrontare il soggetto nelle composizioni pittoriche cosicché “invenzioni sempre inusitate meditava e ambiva”, come ad esempio nell’insolita iconografia del Pianto delle tre Marie (cat. 39) o nella riuscitissima Presentazione al Tempio dei Servi a Bologna, dove l’accento è posto sull’incoraggiamento dei genitori, mentre il tempio è sito in un punto lontano. E’ un modo personalissimo d’interpretare il “realismo”, di linea diversa rispetto naturalmente a Caravaggio, ma anche rispetto a Ludovico e ai “ludovichiani”, che ama la narrazione e i gesti, la chiarezza drammatica nel dispiegarsi della storia e che per questo apre anche verso gli atteggiamenti moderni nel secolo del barocco della suasività e retorica figurativa tipiche del Seicento. Nel 1618 Tiarini viene chiamato a Reggio, in una città curiosa, aperta alle novità culturali e aggiornata su esempi d’avanguardia, che avevano cominciato ad ornare gli altari soprattutto di chiese e confraternite sin dalla fine del Cinquecento, con esempi bolognesi, come Camillo Procaccini o Annibale Carracci o veneziani come Jacopo Palma il giovane. Il pittore inizia a dipingere per il Santuario della Ghiara, sostituendo Leonello Spada e poi “allenando” una serie di pittori, tra i quali il più prezioso è Luca Ferrari. Dipinge due tele grandissime, vera e propria prova di bravura, nel 1624, per la chiesa di San Giovanni Evangelista. E naturalmente esegue molte altre opere in vent’anni a Reggio per una committenza non solo ecclesiastica, come testimoniano le 78 opere (tra dipinti e disegni) dell’artista in mostra. L’intero itinerario artistico del nostro artista è accompagnato dagli esempi di pittori per lui importanti agli esordi, comprimari o anticipatori di novità nel vivace clima culturale reggiano (Guercino e Reni, Cavedoni e Bononi) , in cui Tiarini gioca un ruolo importante, e infine di artisti che hanno seguito l’esempio del maestro a Reggio, protagonisti dell’ultima stagione fiorente di una città il cui testimone sarebbe stato preso a metà Seicento dalle lungimiranti mire dell’estense Francesco I a Modena.

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Carmen Lorenzetti


“Alessandro Tiarini. La grande stagione della pittura del Seicento a Reggio Emilia”
Dal 24.3.2002 al 16.6.2002.
Reggio Emilia – Palazzo Magnani, corso Garibaldi 29 e Chiostri di San Domenico,
Ingresso: intero, E 7; ridotto, E 5; scuole: E 3
Biglietto d’ingresso+ catalogo: E 39.
Orari: da martedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; dalle 14.30 alle 18.30; sabato, domenica e festivi dalle 9.00 alle 19.00. Il 25 aprile e il 1° maggio: dalle 9.00 alle 19.00. Chiuso lunedì non festivo; catalogo a cura di Daniele Benati e Angelo Mazza, Federico Motta Editore, E 37 in mostra; E 47 in libreria.
Tel: 0522.454437 (biglietteria)- 0522.459406 – 0522.459415(uffici) Fax: 0522.452349,


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