Con questa mostra si conclude il ciclo che la Galleria ModenArt ha dedicato “alla surrealtà, alla psiche e al coinvolgimento emotivo dello spettatore”. Ciclo che non poteva non includere André Masson (1896-1987). Una cinquantina di opere, tra sculture, olii e pastelli, coprono tutta la sua produzione realizzata tra il 1922 e il 1979: una piccola ma esauriente antologica, curata da Maurizio Vanni, che vuole fare anche il punto della letteratura su Masson, aggiungendo la pubblicazione di un libro-studio realizzato appositamente per l’occasione.
Della sua arte Masson ha dato una definizione che calza perfettamente con lo spirito della mostra e delle opere esposte. Ha detto: “La mia opera è errante. Io non posso restare troppo a lungo sullo stesso posto; ho preferito il labirinto mentale alle vie dritte e sicure”. Questo labirinto mentale lo ha reso, tra gli artisti del Novecento, uno tra i meno legati a movimenti e stili; lo ha portato sempre a percorrere una via propria, trasgredendo anche sé stesso, evitando qualsiasi ripetizione.
Non si può tuttavia negare che certi momenti della sua poetica abbiamo sfiorato alcune correnti, a cui spesso è stato associato, come il Surrealismo (pensiamo anche al suo contatto con André Breton con cui ha condiviso molti progetti). Di questo fecondo periodo rimangono i suoi disegni e la celebre pittura automatica, che anticipa il noto Manifesto firmato da Breton. L’automatismo slegato dalla volontà sarà in seguito utilizzato anche da poeti e scrittori. Masson è stato poi anche coinvolto nel Cubismo, contribuendo con una sua originale interpretazione. Questo periodo pittorico, durato molto poco, è testimoniato in mostra dall’olio La cuisine, del 1923.
Dopo queste importanti esperienze formative, di cui si libera molto presto, il francese percorse altre vie, arrivando a quell’immensa geografia di forme che esplodono ed emergono dall’inconscio. A questo giunge anche attraverso un’indagine filosofica che trova in Nietzsche ed Eraclito i suoi riferimenti più importanti.
La mitologia greca fa da sfondo a quadri come La légende de Thésée (1939), in mostra insieme alla scultura in bronzo il Minotaure I (1942): due opere che testimoniano quanto importante fu l’elemento dionisiaco nella sua pittura e nel suo pensiero. Oltre al Minotauro, tema mitologico a lui caro fin dall’inizio, ci sono altre quattro opere che dimostrano l’attenzione particolare che si è voluta dare alla scultura in quest’esposizione. Sono opere in bronzo anch’esse realizzate applicando l’idea di automatismo. La materia doveva essere plasmata da mani che, liberate dalla volontà, dovevano lasciarsi andare creando con le impronte delle dita la forma scultorea. Tra queste, del periodo americano, ricordiamo Frére et Soeur, una scultura dotata di una forza particolare, che allude a quelle dimensioni nascoste tanto care all’artista.
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