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fino al 20.XI.2010 | Ignazio Mazzeo | Bologna, Adiacenze

di - 27 Ottobre 2010
Ignazio Mazzeo
(Erice, Trapani, 1985) inaugura una personale riflessione artistica che porta
al connubio tra l’elemento artificiale e l’elemento naturale. Un’esposizione ben compenetrata in
uno spazio giovane, Adiacenze, nato dalla voglia di fare arte in modo diverso e
non profit. Attraverso un’operazione di sottrazione della materia si arriva
all’essenza delle cose: in questo modo le opere sono la concretizzazione della
sua poetica, il racconto visivo di una storia che si è voluta rendere tattile.

Mazzeo riesce a far convivere due
temi opposti, che si concretizzano in paesaggi fantastici corredati da
stridenti colori fluo, dove l’artificio può trasformarsi in un’irreale
composizione vegetale che troneggia sullo sfondo piatto e uniforme, come in Hat
Horn
, o in un insetto fantastico sospeso in assenza di
elementi spazio-temporali.

Gli acrilici su tela hanno un
carattere narrativo: sembrano voler comunicare allo spettatore l’esistenza di
un mondo parallelo in cui tutto si svolge in maniera ordinata, sotto l’influsso
di tinte sapientemente accordate tra loro, dove ogni elemento rappresentato
segue la disposizione prestabilita dal pennello dell’artista. Due pedane in
legno fungono da piedistallo alle strutture metalliche riconducibili alla struttura
primaria della materia (Thopet):
sono fiori stilizzati, parassiti dalle lunghe zampe o addirittura strutture
calibrate ed estremamente geometriche.


Soliti far coincidere
l’immaginazione di un artista con un’idea di astrazione totale, dove la
sperimentazione, soprattutto in arte contemporanea, appare il frutto di un
pensiero subitaneo e concepito da un talento innato, di fronte all’opera di
Mazzeo si è costretti a fare qualche passo indietro.

Lontani quindi dal cliché che
vuole l’artista tale solo per una predisposizione naturale, si scopre piuttosto
un lavoro estremamente pensato, fabbricato e calcolato nei minimi dettagli.
Quasi ogni pennellata di questi oggetti, che a un primo sguardo appaiono futuristici
come il trittico di Atlas, è frutto di un progetto; ogni
colore steso per campiture omogenee concorre alla volontà di rendere unico e
inimitabile il gesto pittorico. In realtà Atlas è
riconducibile alla struttura stessa del cranio umano, ricalcando la forma ossea
dell’atlante, il tutto reinterpretato artisticamente. Allo stesso modo, ogni
struttura metallica introduce in un giardino fantastico dove la sensibilità
dello spettatore scopre in maniera personale il significato racchiuso
dall’installazione.

Tutto concorre a eliminare
l’elemento temporale dallo spazio, in vista di strutture tridimensionali e
unicellulari, materia primordiale che campeggia protagonista nelle opere. Lo
stesso Giorgio de Chirico sospendeva il tempo all’interno
dei dipinti e amava affermare che “un’opera d’arte per divenire immortale deve sempre
superare i limiti dell’umano senza preoccuparsi né del buon senso né della
logica
”. Non vi è
nulla che riconduca a una logica comune nelle creazioni di Mazzeo, così come
l’illogico dominava lo spazio de chirichiano.


Nel delirio d’immagini e oggetti si delinea una
ricostruzione minuziosa della natura e di quei mondi avveniristici citati nel Locus
Solus
, il
giardino della villa di Martial Canterel nel libro di Raymond Roussel, a cui
l’artista fa un continuo riferimento.

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cecilia gamberini

mostra visitata il 17 ottobre 2010


dal 2 ottobre al 20 novembre 2010

Ignazio
Mazzeo – Locus Solus

Adiacenze

Via San Procolo, 7 (zona via D’Azeglio) – 40123 Bologna

Orario: da martedì a sabato ore 16-20

Ingresso libero

Info: mob. +39 3335463796; daniela.tozzi@hotmail.it

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