In & Out. La scultura da interno e da esterno. Out è la scultura che gradualmente viene plasmata dalla natura e il cui grande formato interagisce con essa. In è quella più delicata, intimista, più da soprammobile, che accompagna in punta di piedi l’osservatore lungo percorsi più introspettivi.
È il caso della mostra allestita nell’affascinante cornice cinque-seicentesca di Villa Paleotti Isolani a Minerbio, in provincia di Bologna. Il palazzo rinascimentale, da poco restaurato, ospita nei suoi giardini e nei salotti interni una collezione tutta contemporanea di scultura italiana e internazionale. I nomi sono noti: Carlo Bernardini, Giovanna Bolognini, Lucilla Catania, Giacinto Cerone, Alex Corno, Alberto DeBraud, per citarne solo alcuni.
La mostra, allestita da Marco Bottai, parallelamente anche nelle sale della Galleria Spazia di Bologna, è motivo di orgoglio e di sfida. È come lo definisce lui stesso, “un work in progress” perché gradualmente si arricchisce di nuove opere, tutte accostate da un minimo comune denominatore: l’artigianalità e l’inventiva. La scultura è arte che rischia in questi ultimi tempi di diventare minore, ma che sull’onda del recupero della manualità, per esempio nella pittura e nelle installazioni, offre ancora grandi possibilità di rivalsa.
Siamo lontani dalla figurazione e la scultura, come la pittura, compie una svolta cercando
Giacinto Cerone (Melfi, 1957 – Roma 2004) affascinato dalla ceramica, plasma il materiale come fosse magma incandescente. Lo lavora con le dita, di getto, senza programmi prestabiliti, ricreando ruvidi ed infuocati totem da esterno, alti, ricurvi, ricchi di pieni e vuoti. E poi immacolati piccoli tronchi d’albero, intime reliquie da interno, che nascondono curiose ed inquietanti figure dell’immaginario onirico, nel costante personale tentativo di rappresentare “la malattia della scultura, la sua agonia, la sua morte”.
Giovanna Bolognini (Mapello, Bergamo 1955) ricrea una sorta di strumento musicale/scultura in ferro da esterno che risuona nel vento con le sue piccole anelle e fili spinati; mentre Antonio Ievolella (Benevento, 1952) compone una sorta di cotta di fitta maglia metallica esposta in verticale, come fosse una bandiera costantemente mossa dal vento. Tutte le opere interagiscono con la natura completandosi con il suo intervento, ma sono in grado di esprimersi pienamente anche nel contesto interno, intimo e sicuro dell’abitazione.
alessandra cavazzi
mostra visitata il 14 aprile 2006
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