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Antonio Milana – Tracce
Il titolo “Tracce” lascia trasparire la tematica centrale della produzione di Antonio Milana. La traccia infatti, nella pluralità dei significati, è l’aspetto che caratterizza tutte le opere dell’artista, opere informali ma accomunate da un elemento concreto: “il segno”.
Comunicato stampa
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Dietro quello che potrebbe apparire come il comune titolo di una mostra, si cela in realtà la chiave della ricerca artistica di Antonio Milana.
La traccia infatti, nel senso più ampio del termine, è al tempo stesso punto di partenza e mezzo espressivo attraverso il quale l’artista manifesta la sua poetica.
Non solo traccia intesa come segno, così come l’occhio dell’osservatore la percepisce, ma traccia in quanto orma, scia, testimonianza di un passaggio.
I passaggi ed i segni da essi lasciati sono, in effetti, gli elementi che sostentano l’estro creativo dell’artista, attraverso un percorso, a volte lungo e non semplice, che sfocia poi sulle tavole e sulle tele, con i colpi di pennello e le lunghe spatolate che solcano i supporti.
Un percorso, quello di Milana, che trova il suo punto di forza nella polivalenza artistica che lo contraddistingue e che lo ha visto, giovanissimo, a stretto contatto con la musica; anche la traccia musicale quindi, il solco scolpito sul vinile, pare essere tra quelle impronte che, irrefrenabili, riemergono nella sua vita di artista e si fondono con la materia che “scrive” le sue opere, in una sinestesia suono-colore.
Tracce come input da un lato, perché i lavori di Milana si nutrono di eventi; tracce come output dall’altro, perché risultanti da una ricerca incessante, quasi spasmodica, che si riversa poi sui supporti, in un tripudio di colori e geometrie.
Ed ecco che a fare capolino è anche il significato matematico e geometrico della traccia: linee, cerchi, ogive ed ellissi si intersecano sulle superfici, in una danza cromatica che riempie lo spazio della tavola o della tela, attori su un palco privo di confini.
Questa assenza di limiti è, a mio avviso, la grande forza che caratterizza l’opera di Antonio Milana, la capacità cioè, tutt’altro che semplice, di lasciare libertà assoluta all’osservatore; libertà di sconfinare oltre le estremità della cornice che, con fatica, cerca di contenere quelle scene, che altro non sono se non il diario di viaggio dell’artista.
Agli occhi che, attenti, scrutano le sue “finestre”, Milana permette di invadere quelle scene che, da intime, diventano pubbliche, senza gelosie né diffidenze ma, anzi, con la curiosità sempre nuova, di osservare il risultato dell’incontro tra il suo lavoro ed il fruitore.
Quella di Milana è una riflessione ampia, che può avere origine da un ricordo o da un incontro o, ancora, da una passeggiata in campagna; è infatti negli ampi spazi incontaminati che, spesso, la sua attenzione viene catturata da vecchi oggetti abbandonati, o parte di essi, che diventano poi gli inconsapevoli protagonisti dei suoi lavori.
Ferro arrugginito, plastica, corda e vecchi “scampoli” di carta emergono da fondi astratti, conferendo alle opere una tridimensionalità che quasi sconfina nella scultura; sono i pezzi di un passato ignoto allo stesso Milana, un passato catturato e reso prigioniero dei supporti.
Ed ancor più che gli oggetti, ad essere rapito dalle tele e dalle tavole è lo stesso artista, il quale si abbandona completamente al contatto con le sue superfici, lasciando da parte la realtà che lo circonda; prima di iniziare a far scorrere pennelli e spatole infatti, Milana ama fermarsi ad osservare la superficie che ha davanti a sé, sfiorarla a mani nude, sentirne l’odore, manifestando la necessità di un contatto reale e concreto.
Una vicinanza talmente forte, quella dell’artista alle opere, che la si potrebbe racchiudere forse in binomio, in una metafora che definirei semplicemente “sinapsi artistica”; il pensiero più intimo di Milana prende forma nel momento in cui si “scontra” con la superficie, attraverso una creatività non convenzionale, che si spinge sul trascendente, in perfetto equilibrio corpo-anima.
Di certo non si può restare indifferenti di fronte agli stimoli che i suoi dipinti sprigionano, proprio perché carichi di spiritualità ed emotività, senza alcun bisogno di servirsi di rigorosi dettami estetici, quindi assolutamente in linea con la tendenza alla quale Milana si ispira, la scuola romana.
Il colore liberamente “spalmato” sullo spazio riporta ad un’ulteriore lettura delle tracce che, in alcune composizioni, ricordano le curve che, istante per istante, identificano il percorso delle stelle e che, in astronomia, sono note come “tracce evolutive”.
Percorsi dunque, tracce di storia, di vita, di libertà e di natura quelle impresse da Antonio Milana sulle superfici, in un intreccio dal sapore cosmologico, un “groviglio” di colori, segni e figure che nasconde in realtà un’ampia ricerca che, partendo dall’intimo, si serve dei supporti come filtri attraverso i quali diffondere il proprio messaggio.
La traccia infatti, nel senso più ampio del termine, è al tempo stesso punto di partenza e mezzo espressivo attraverso il quale l’artista manifesta la sua poetica.
Non solo traccia intesa come segno, così come l’occhio dell’osservatore la percepisce, ma traccia in quanto orma, scia, testimonianza di un passaggio.
I passaggi ed i segni da essi lasciati sono, in effetti, gli elementi che sostentano l’estro creativo dell’artista, attraverso un percorso, a volte lungo e non semplice, che sfocia poi sulle tavole e sulle tele, con i colpi di pennello e le lunghe spatolate che solcano i supporti.
Un percorso, quello di Milana, che trova il suo punto di forza nella polivalenza artistica che lo contraddistingue e che lo ha visto, giovanissimo, a stretto contatto con la musica; anche la traccia musicale quindi, il solco scolpito sul vinile, pare essere tra quelle impronte che, irrefrenabili, riemergono nella sua vita di artista e si fondono con la materia che “scrive” le sue opere, in una sinestesia suono-colore.
Tracce come input da un lato, perché i lavori di Milana si nutrono di eventi; tracce come output dall’altro, perché risultanti da una ricerca incessante, quasi spasmodica, che si riversa poi sui supporti, in un tripudio di colori e geometrie.
Ed ecco che a fare capolino è anche il significato matematico e geometrico della traccia: linee, cerchi, ogive ed ellissi si intersecano sulle superfici, in una danza cromatica che riempie lo spazio della tavola o della tela, attori su un palco privo di confini.
Questa assenza di limiti è, a mio avviso, la grande forza che caratterizza l’opera di Antonio Milana, la capacità cioè, tutt’altro che semplice, di lasciare libertà assoluta all’osservatore; libertà di sconfinare oltre le estremità della cornice che, con fatica, cerca di contenere quelle scene, che altro non sono se non il diario di viaggio dell’artista.
Agli occhi che, attenti, scrutano le sue “finestre”, Milana permette di invadere quelle scene che, da intime, diventano pubbliche, senza gelosie né diffidenze ma, anzi, con la curiosità sempre nuova, di osservare il risultato dell’incontro tra il suo lavoro ed il fruitore.
Quella di Milana è una riflessione ampia, che può avere origine da un ricordo o da un incontro o, ancora, da una passeggiata in campagna; è infatti negli ampi spazi incontaminati che, spesso, la sua attenzione viene catturata da vecchi oggetti abbandonati, o parte di essi, che diventano poi gli inconsapevoli protagonisti dei suoi lavori.
Ferro arrugginito, plastica, corda e vecchi “scampoli” di carta emergono da fondi astratti, conferendo alle opere una tridimensionalità che quasi sconfina nella scultura; sono i pezzi di un passato ignoto allo stesso Milana, un passato catturato e reso prigioniero dei supporti.
Ed ancor più che gli oggetti, ad essere rapito dalle tele e dalle tavole è lo stesso artista, il quale si abbandona completamente al contatto con le sue superfici, lasciando da parte la realtà che lo circonda; prima di iniziare a far scorrere pennelli e spatole infatti, Milana ama fermarsi ad osservare la superficie che ha davanti a sé, sfiorarla a mani nude, sentirne l’odore, manifestando la necessità di un contatto reale e concreto.
Una vicinanza talmente forte, quella dell’artista alle opere, che la si potrebbe racchiudere forse in binomio, in una metafora che definirei semplicemente “sinapsi artistica”; il pensiero più intimo di Milana prende forma nel momento in cui si “scontra” con la superficie, attraverso una creatività non convenzionale, che si spinge sul trascendente, in perfetto equilibrio corpo-anima.
Di certo non si può restare indifferenti di fronte agli stimoli che i suoi dipinti sprigionano, proprio perché carichi di spiritualità ed emotività, senza alcun bisogno di servirsi di rigorosi dettami estetici, quindi assolutamente in linea con la tendenza alla quale Milana si ispira, la scuola romana.
Il colore liberamente “spalmato” sullo spazio riporta ad un’ulteriore lettura delle tracce che, in alcune composizioni, ricordano le curve che, istante per istante, identificano il percorso delle stelle e che, in astronomia, sono note come “tracce evolutive”.
Percorsi dunque, tracce di storia, di vita, di libertà e di natura quelle impresse da Antonio Milana sulle superfici, in un intreccio dal sapore cosmologico, un “groviglio” di colori, segni e figure che nasconde in realtà un’ampia ricerca che, partendo dall’intimo, si serve dei supporti come filtri attraverso i quali diffondere il proprio messaggio.
14
aprile 2010
Antonio Milana – Tracce
Dal 14 aprile al 12 maggio 2010
arte contemporanea
Location
BOSI ARTES
Roma, Via Pinciana, 41, (Roma)
Roma, Via Pinciana, 41, (Roma)
Orario di apertura
da martedi a sabato ore 10-13.30 e 15.30-19.30
lunedi ore 15.30 - 19.30
Vernissage
14 Aprile 2010, ore 18.30
Autore
Curatore