Il Dumbo, acronimo di Down Under the Manhattan Bridge Overpass – quartiere del distretto di Brooklyn, all’incrocio tra i ponti di Brooklyn e Manhattan – è per la seconda volta l’anima del
New York Photo Festival.
Il calendario è denso di appuntamenti nei quattro giorni di programmazione, preceduti dalla serata inaugurale alla powerHouse Arena, il quartier generale, con tanto di dj set, birra e vino rosso a volontà.
Questo giovanissimo festival dedicato alla fotografia contemporanea (che certo è ancora lontano dal competere con manifestazioni storiche come il biennale
FotoFest di Houston) è stato ideato da due esperti del settore, Frank Evers di VII Photo Agency e Daniel Power, fondatore delle edizioni powerHouse Books, specializzate in fotografia.
La formula “basic” è quella di avvicinare il pubblico ai molteplici e complessi linguaggi della fotografia contemporanea, anche attraverso il coinvolgimento diretto degli autori più celebri. Quest’anno debutta, fra l’altro, la sezione dedicata alle letture di portfolio con il Review Pavilion.
L’apertura a uno sguardo internazionale – in particolare all’Europa – caratterizza anche questa seconda edizione, come sottolineano le scelte dei quattro nuovi curatori (per la prima edizione c’era anche
Martin Parr): William A. Ewing, direttore del Musée de l’Elysée di Losanna (già responsabile del settore mostre dell’ICP – International Center of Photography dal 1977 al 1984), l’editore fotografico Chris Boot, Jody Quon, photo editor del “New York Magazine”, e Jon Levy, direttore di Foto8. Non c’è un tema conduttore, quindi, bensì quattro diversi link.
I don’t really know what kind of girl I am è quello proposto da Jody Quon. Un’introduzione al mondo infantile – che può rivelarsi misterioso quanto ambiguo -, come raccontano, tra gli altri,
Valérie Belin,
Grant Worth,
René & Radka (di questi due fotografi, parigini d’adozione e provenienti dal mondo della moda e della pubblicità, è in programma la personale al Museo Nazionale della Fotografia Alinari di Firenze).
Il tema dell’identità gay (
Gay Men Play) porta la firma di Boot, che ha scelto di affiancare il lavoro di professionisti e non. Mentre William A. Ewing, in
All over the place!, parte da figure storiche come
Edward Steichen. Tra i fotografi dei nostri tempi c’è anche il danese
Jacob Holdt, con una selezione di
American Pictures. Questo suo lavoro di denuncia del razzismo negli Stati Uniti degli anni ’70 è stato presentato anche in Italia, in occasione del Si Fest 08 – Festival di Savignano.
Home For Good, infine, per la curatela di Levy, è una significativa riflessione sul tema della casa, punto di partenza di molte storie. Tra i fotografi invitati:
Tim Hetherington,
Bruno Stevens,
Lorraine Grupe. Una panoramica che va dall’album di famiglia alle foto del fronte.
Spazio anche alle gallerie private e ai musei istituzionali (tra cui il Museo della Fotografia di Salonicco) con Satellite Shows alla Tobacco Warehouse, uno dei tanti ex magazzini del XIX secolo che popolano il quartiere. Cool gli autoritratti al confine tra moda, pittura e teatro della giapponese
Kimiko Yoshido, che parteciperà a una collettiva nel circuito della prossima Biennale di Venezia.
Alla St. Anne’s Warehouse, tra gli incontri più interessanti organizzati dalla Aperture Foundation – associazione non profit finalizzata alla promozione dell’arte fotografica, creata nel ’52 da maestri quali
Ansel Adams e
Dorothea Lange – la presentazione del volume e della mostra
The Edge of Vision: Abstraction in Contemporary Photography, con la partecipazione del curatore, Lyle Rexer, in un dialogo con gli artisti
Penelope Umbrico,
Jack Sal e
Silvio Wolf.