Le quindici opere di Guido Sartorelli e Mario Sillani Djerrahian, esposte alla Galleria Plurima di Udine, rivelano numerose affinità tra i lavori dei due artisti.
Le immagini fotografiche di entrambi gli autori paiono, infatti, collocarsi in un inedito quanto instabile equilibrio tra un presente tecnologicamente molto avanzato ed un passato al quale non si vuole ancora smettere di guardare . Un passato culturalmente molto intrigante e, forse, altrettanto ingombrante.
Sartorelli e Sillani, utilizzando il computer per l’elaborazione delle loro immagini, rivisitano ed attualizzano quella tecnica del fotomontaggio che tanto spazio ha avuto nell’arte del secolo scorso. Inventata da Raoul Hausmann verso il 1920, fu impiegata in modo alquanto spregiudicato dagli artisti dada , sempre irriverenti ed ironici nei confronti dell’arte. Ma, retrocedendo ulteriormente, si può giungere sino ai tanti collages prodotti dai movimenti delle Avanguardie, cubismo e futurismo in primis. Ed ancora, muovendosi sempre nell’ambito delle sperimentazioni proposte dalle avanguardie, si possono incontrare le brevi didascalie inserite nei dipinti o nei collages. Un uso della parola che, intrecciando il linguaggio e la scrittura alle arti visive, dà forma ad opere che paiono volersi prestare ad una lettura puramente concettuale.
Questo fitto intreccio di rimandi s’incontra nelle opere proposte da Sillani e Sartorelli.
Il secondo di questi due autori in molte sue immagini accompagna al fotomontaggio, già di per sé destabilizzante ed estraniante, anche brevi diciture (Ottocento, Storia, Non è più necessario dire dove). In una sua opera citando direttamente la celebre e programmatica frase marinettiana: “Uccidiamo il chiaro di Luna”, del 1909. Un vero non senso (ancora un richiamo dada) guardare al passato citando una frase che vuole palesemente (e teatralmente) rifiutarlo. Il risultato cui giunge l’artista è l’ideazione d’immagini decontestualizzate, compositivamente severe, rigorosamente in bianco e nero, stampate a getto d’inchiostro.
Anche Sillani cita l’arte del passato, ma lo fa in modo ancora più diretto. In alcune sue immagini introduce celebri dipinti, ambientandoli in spazi stranianti ed atemporali, nei quali s’inseriscono anche elementi naturali come tronchi o, addirittura, laghi. Ne derivano opere ibride, palesemente manipolate, compositivamente lente, caratterizzate da una cromia appena accennata che contribuisce non poco a creare un’atmosfera rarefatta e silenziosa.
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