Oltre quattro ore di video. È la sintesi della seconda puntata del progetto di ricognizione della videoarte nel nostro Paese, iniziato nel 2004 con On Air. Più che un report, come suggerisce il titolo, la mostra si dimostra un fondamentale check up dello stato di “salute” della scena video italiana. Che non manca di stupire.
I lavori, uno per artista, sono radunati a gruppi di 5/6, visibili ciclicamente in ciascuna postazione. L’allestimento richiama il ruolo di cantiere navale della città: schermi e apparecchiature sono collocati su casse da imballaggio, e nelle sale più ampie le postazioni sono state montate in container di legno dotati di sistema di proiezione. La visione è confortevole tanto nei container (che danno l’idea di uno spazio intimo) quanto nelle sale aperte, anche se in talune postazioni il sonoro non è perfetto.
La mole del materiale impone allo spettatore una maratona, ma il gioco vale la candela.
I primi lavori a colpire sono Elastic bornaout di Luca Trevisani, che realizza una scultura volante tenuta in aria con palloncini, e Attraversamento del ponte di Milau del duo Alex Cecchetti/Christian Frosi, costruito sull’esperienza visiva della ripetizione di elementi prospettici del ponte osservati in movimento da un’auto, fino a capovolgere la linea dell’orizzonte. Cristian Chironi documenta invece la propria vestizione, attuata cucendosi addosso le foto della madre, mentre Nico Vascellari registra una talentuosa e strampalata performance con la sua famiglia, tra un tetto che gli cade in testa e mille urla al microfono.
Nicola Gobbetto sberleffa Munch cucendo su una tela del pittore norvegese una bocca che canta gli Iron Maiden mentre Thorsten Kirchoff, in Jacque Tati Vs Suzi Quattro realizza un colto videoclip tra segretarie in bianco e nero e musica pop. Domenico Mangano ci mostra l’America desolata delle periferie e Michael Fliri diventa protagonista, a New York, vestito da gorillone, di una classica gag con la buccia di banana. La Grande Mela è presente anche in Eva di Valerio Rocco Orlando, confessione di una modella ad una finestra con vista sulla città, con continui rimandi tra traffico e voce nella stanza.
Impossibilitati a dar conto di tutti i video, conviene forse parlare delle tendenze in atto, in un universo che si dimostra magmatico. La prima è quella che vede gli artisti usare il video come semplice “supporto” per registrare esperienze visive che hanno preso forma altrove, siano fatti ed eventi osservati o vere e proprie performance. Ne consegue che solo una minoranza utilizza un linguaggio segnatamente cinematografico.
È inoltre evidente l’assenza di una strada maestra, di qualsivoglia scuola o tendenza. Ogni artista agisce in maniera puntiforme, sebbene non isolata: il bagaglio visuale individuale, stimolato e solleticato sin dall’infanzia (l’età media è appena superiore ai trent’anni) da tv, cartoni, cinema e pubblicità, è spesso la fonte primaria a cui attingere. Prevale una spiccata forma di intimismo autobiografico. Un inedito, sorprendente, romanticismo.
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e certo che non ci sono i masbedo, se no gli altri dilettanti che figura ci facevano?
Mancando Masbedo non credo che l'analisi del video in Italia sia poi così approfondita.
la la la
questa recensione è
bla bla bla
comme-ci, comme-ça
Noi siamo ancora esterefatti...ci accontentiamo di questi fuochi fatui e dell'inespressivismo di talune opere...Ma siamo fatti cosi'banali...inutili...non noti...Monfalconesi quasi...molto"io so... e tu sei un coglione!" grazie per le mille autocelebrazioni insostenibili...mentre tanta cacca piove dall'alto sul nostro capo!