Liliana Bastia e Wally Serra espongono insieme i loro lavori, lontani per stile ma affini per l’intensità della ricerca espressiva.
La prima, reduce da una recente personale alla galleria Satura di Genova, è in bilico tra un figurativo che indulge a tratti nell’accademico e una ricerca grafica efficacissima, dai toni cupi e incisivi, dove le linee si sovrappongono con apparente disordine, quasi a disegnare una mappa dell’inconscio, forti e fitte come in un mantra gestuale.
In alcuni lavori su carta, calcografie su fogli inchiostrati e tecniche miste, le figure umane sono appena abbozzate, larve, ectoplasmi, icone dolenti d’incompiutezza, che traggono dalla sintesi formale un notevole vigore comunicativo. Come l’intenso Psiche che, spiega l’autrice, raffigura le tre identità possibili che convivono in ciascuno: la debolezza, la forza e l’anima bambina, curiosa e libera, protesa al mondo.
La ricerca di Liliana Bastia ha un suo ambito di grande interesse e originalità proprio nell’indagare l’inconscio, nel porsi come tramite involontario, medium di una sorta d’autoterapia che produce lavori intensi, suggestivi, visionari. Ispirato all’estetica del sublime, soprattutto a Blake e Füssli ma anche ai Caprichos di Goya, il suo lavoro ha un’essenza preziosa, da sviluppare liberando l’energia dell’immediatezza originaria, la vitalità nervosa delle opere più spontanee e veementi. Lasciando deflagrare le ricche potenzialità della sua ‘anima bambina’…
Anche Wally Serra propone nel suo quasi trentennale percorso artistico, dall’informale degli inizi al recente riavvicinamento ad un figurativo intensamente espressionista, una coerente, continua ricerca ideale, e definisce l’artista un “animale antiretorico, con un piede dentro il sociale e l’altro nella richiesta di assoluto”. Non a caso, ha di recente partecipato all’atelier di Arte Terapia all’Istituto delle Materie e Forme Inconsapevoli fondato dal grande, compianto Claudio Costa.
Ora propone grandi tele ad olio, dove l’uso di colori primari spesso volutamente sgradevoli è un’orgogliosa dichiarazione di guerra alla pittura ‘da salotto’. Negli scorci cittadini l’artista gioca con colori e pennellate dense, corpose, sfidandoci a riconoscere il figurato oltre il deciso impatto visivo iniziale. I suoi ritratti sono dolorosamente presenti, soggetti senza pietà, duri da fronteggiare. Più dolce l’approccio con le statue di cartapesta, androgini sottili come statue di Giacometti, azzurre a dichiarare una spiritualità evidente, conquistata, sofferta.
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Liliana Bastia attinge suggestioni formali nel romanticismo ottocentesco, richiamando direttamente i grandi visionari inglesi come William Blake.
Infatti i soggetti delle opere dell’artista sono di matrice mitologica o comunque onirica, ove figure femminili e animalesche si muovono fluidamente, senza scontri.
Ricorrente è la rappresentazione di tori, che perdono però tutto il loro significato simbolico legato alle corride o comunque a situazioni concitate, per diventare il pretesto di prove e stesure di colore, fino ad ottenere immagini distaccate.
Piuttosto evidente il tema del nudo, che non assume però carattere principale o dominante nella composizione, serve solo ad aumentare il pathos dei corpi che sono tutti rappresentati in pose languide e sensuali.
Le tecniche utilizzate dall’artista spaziano da quella pittorica, all’incisione ( punta secca) e alla scultura bronzea. Il suo rapporto con la materia è di rispetto e leggerezza, senza cercarne una prevaricazione, ricordano, in alcuni quadri, antiche pitture rupestri.
Ciao davide