La parola “mezzaro” nasce dall’arabo, da un termine antico che vuol dire “coprire”, ma questi grandi teli tipici di cotone stampato testimoniano solo una piccola parte della straordinaria, ricchissima storia artigianale della Liguria, regione che ha avuto per secoli la tessitura al centro del proprio patrimonio culturale ed economico.
Ancora oggi, oltre che in un tesoro di manufatti antichi in gran parte ancora da scoprire e troppo spesso dimenticati tra i corredi liturgici o nelle soffitte, le raffinatissime lavorazioni tradizionali sopravvivono in due laboratori a Zoagli e a Lorsica.
È un valore artistico conosciuto a pochi, ma da qualche anno protagonista di rassegne importanti grazie alla sensibilità di enti pubblici, musei e curatori.
Non a caso, una mostra sui tessuti è stata scelta per inaugurare il recente restauro e l’apertura al pubblico di Villa Serra di Comago, con la speranza di una nuova stagione per il ponente genovese attraverso la nascita di un polo museale che valorizzi le molte qualità ambientali dell’area, tra l’altro candidato ideale a diventare la possibile sede di un Museo della Moda e del Tessuto in corso di ideazione.
I mezzari, e le tele di cotone in genere, hanno da secoli un forte legame economico e culturale con la Val Polcevera: nell’Ottocento erano infatti un’importante risorsa della zona, dove erano in funzione molte filande e stamperie e dove operavano gli “indianatori”, soprannominati così per evocare l’origine dei cotoni stampati.
La tecnica della stampa su cotone, che nel tardo Seicento faceva di questi tessuti veri e propri status symbol dell’aristocrazia europea facendo concorrenza alle stoffe seriche preziose, fu presto importata dall’India e riprodotta anche in Italia, abbassando i costi di produzione ed ampliando conseguentemente il mercato.
Così, i cotoni stampati per i grandi teli dei mezzari, per i più piccoli “pezzotti” estivi, per la confezione di abiti e “mandilli” (termine genovese che indica i fazzoletti spesso accessori del costume tipico) diventarono elementi di abbigliamento e arredo diffusi e tradizionali nelle doti matrimoniali.
In mostra anche “pezzotti” e “mandilli” e antichi disegni preparatori, oltre ad oggetti d’artigianato ispirati ai tessuti, come ceramiche antiche ed altri accessori, e ad un raro abito in tela blu “de Gênes” (da cui il nome “jeans”), tessuto del quale il capoluogo ligure rivendica la maternità insieme alla città francese di Nîmes (denim).
Dopo la grande rassegna curata da Orlando Grosso nel 1933, questa è la prima occasione per vedere in mostra un gruppo di mezzari così ricco e composito, e per scoprire una nuova bella sede espositiva per la città.
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