Categorie: Il fatto

Pyotr, game over?

di - 10 Giugno 2016
La battaglia legale è stata lunga se ci si mette anche che l’imputato, Pyotr Pavlensky, non ha fatto nulla per facilitare lo svolgimento del processo ma anzi, ha difeso le sue posizioni di attivista e le sue azioni.
Eppure stavolta c’è un lieto fine, più o meno: l’artista è stato liberato dopo essere stato giudicato colpevole dell’accusa di vandalismo, dopo aver scontato sette mesi tra galera e ospedale psichiatrico, e multato di 500mila rubli (quasi 8mila dollari), oltre che di una cifra simile per sostituire la porta della sede di Mosca dei servizi di sicurezza FSB, che aveva dato alle fiamme nel novembre 2015.
Questa, insomma, la storia di un trentenne d’assalto – si può dire – che ha già dichiarato che non riuscirà a pagare nessuna multa (anche perché i 42mila dollari del premio Vaclav Havel per il dissenso creativo li ha donati agli altri dissidenti armati Prymorie.
Le edizioni precedenti erano state vinte da Ai Weiwei, e dalle Pussy Riot. Per loro Pavlensky si era cucito le labbra, poi si era tagliato un lobo di un orecchio in difesa di tutti gli internati (come lui stesso è stato) dal Governo russo, poi si era inchiodato i testicoli sul selciato della piazza Rossa, e anche avvolto nel filo spinato.
Ma qualcuno stavolta ha anche cercato di essere più clemente. Il giudice, per esempio, che ha deciso di multare Pavlensky molto meno di quanto i suoi procuratori avevano chiesto.
Eppure tutte le “dimostrazioni” del potere di addolcire pene o di essere mansueti nei confronti dell’artista non hanno fatto che aizzarlo, facendolo anche rifiutare le accuse minori che gli si volevano affibbiare, in simpatia con gli ucraini che hanno ricevuto pene più severe per reati simili.
Ai giornalisti, alla folla che lo attendeva, uscito dal carcere l’artista ha dichiarato soltanto di non essere un criminale o un pazzo: «Avete visto chi detiene il potere in questo Paese? Io sto solamente facendo arte politica. Niente di più, niente di meno». E noi ti crediamo, Pyotr. Sperando che questa lotta lunghissima non sia vana, né tantomeno circoscritta. (MB)

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