Categorie: in fumo

in fumo_opinioni | Satira, generazioni a confronto

di - 16 Giugno 2010
Prendiamo ad esempio Altan. Oppure Emilio Giannelli. Due vecchi della satira, due
editorialisti dell’immagine. Una loro vignetta è capace di comunicare più di
quanto possano fare sei colonne in cronaca. Se questo accade è perché il
lettore, nonostante la sua proverbiale pigrizia che spesso lo limita
nell’assimilazione dei soli titoli, riceve da quel connubio di illustrazione e
parole un messaggio chiaro. La vignetta, quindi, fa opinione. La vignetta, se è
buona, fa pensare. E in casi estremi può capitare che sollevi polveroni
politici (pensiamo a Vauro
ad Anno Zero) o delle vere e proprie sommosse (come il caso delle
vignette anti-Islam, poi “indossate” anche da Roberto Calderoli e
mostrate in tv).

La libertà di satira e d’espressione, al di là delle
reazioni – e dei paradossi – dei casi appena citati, dovrebbe essere garantita.
Sempre. Ma non è così. Trascurando la finta satira di trasmissioni come Striscia
la notizia
, ci
sono situazioni in cui il potere politico o il controllo serrato di editori –
più attenti alle esigenze degli inserzionisti che ai contenuti del proprio
giornale – complica la vita agli autori satirici. A volte si arriva perfino a
rinunciare a queste libertà solo per non offendere certe sensibilità influenti.
Episodi come questi li abbiamo raccontati anche su in fumo
. Dopo alcune interviste e
altrettante presentazioni di testate o inserti che tornano sul mercato con il
nobile obiettivo di restituire alla satira la propria dignità (ed efficacia), desideriamo
riprendere l’argomento per condividere e rilanciare un dibattito nato a seguito
della possibile riesumazione de Il Male
.
Mentre il Fatto quotidiano ha lanciato da poco il suo
inserto satirico (Il Misfatto
, che nonostante i grandi nomi coinvolti propone una
satira leggera, dimostrando di non avere ancora raggiunto la maturazione),
quello che era l’inserto di Liberazione
è tornato da pochi giorni nelle edicole come
rivista autonoma. Stiamo parlando di Frigidaire
. Un’operazione che sembra
riuscita. Eppure le difficoltà ci sono, eccome. I problemi economici e di
distribuzione, i giovani autori messi inevitabilmente a confronto coi grandi
maestri del passato sbocciati e cresciuti con questa testata, i temi di
attualità che sotto l’etichetta Frigidaire
sembrerebbero assumere un profilo di analisi
propria dei reduci

di un ideologia.

Eppure il direttore Vincenzo Sparagna, che abbiamo
intervistato appena una settimana fa, pur consapevole di tutto questo si è
fatto avanti e, al di là della risposta dei lettori ancora tutta da valutare,
sembra abbia colto nel segno. Quando gli abbiamo chiesto di un possibile
ritorno in edicola de Il Male
, Sparagna ci ha risposta dicendo che si tratta “di
un’idea molto vaga. Rispetto a Frigidaire, Il Male è molto più legato a una
certa stagione. Alla fine degli anni ‘70 la satira aveva una forza particolare.
Ma alcuni moduli di racconto, di interferenza o parodia li abbiamo sempre
conservati. Staremo a vedere. In un passato più recente abbiamo sperimentato
con la parodia de L’Unità. Non è detto che non si ripetano di nuovo giochi di
questo tipo”
.
La risposta (quella vera) arriva però dal blog personale
di un giovane autore: Flaviano Armentaro
. Con coraggio – e un po’ di sana incoscienza – ha
reso pubblico un botta e risposta fra lui e Massimo Caviglia
(sì, quello che faceva coppia con
Stefano Disegni

e ha lanciato pure Par Condicio
) che gli chiedeva di collaborare a una nuova edizione de Il
Male
. La mancanza
di riferimenti ad accordi economici di collaborazione e il confronto con la
vecchia generazione di autori ha fatto nascere un confronto che ha coinvolto –
fra attestati di stima e considerazioni più caute – molti autori e operatori
del settore editoriale. “Questa mattina
”, scrive Armentaro, attivo anche
sulle riviste Mamma
e Scaricabile, nella premessa al suo post, “mi è arrivata una mail di Massimo
Caviglia che mi chiede di collaborare al numero 0 del ‘Male’ assieme a Vauro,
Vincino, Scòzzari, Liberatore, Mannelli, Perini, Bucchi, Riondino, Willem,
Luttazzi (senza però parlare di contratti o prezzi, tu invia e
basta!)…”.

Questo pretesto è servito per dar vita a un confronto fra
i vecchi e i giovani autori. Gipi
, stimolato dalla polemica, scrive: “Armentaro si
lamenta che non ci siano state negli ultimi trent’anni delle riviste di satira
come si deve. Rimprovera gli autori Vecchi di stare al loro posto, pagati fior
di quattrini e impedendo ai Giovani di farsi strada. Ma i Vecchi fanno bene a
non togliersi di torno. Sono i Giovani che dovrebbero essere più forti e
spaccargli la faccia. A suon di innovazione e disegni con i controcoglioni e
visioni della vita trasversali e innovative”
. Detto questo, a Gipi dell’uscita
di un nuovo Male

importa poco.

Ciò che conta, però, è riconoscere in alcuni autori la
difficoltà di “tirare a campare”. Un’esigenza reale, concreta. Ma che
probabilmente non si può unire a una professione – che prima ancora di esser
tale è passione

e talento – legata alla libertà d’espressione e all’arte. Essere un autore
satirico non è come occupare un posto fisso nel settore pubblico. Non è un
lavoro in banca. Questo, però, non deve mai legittimare lo sfruttamento: né da
parte delle vecchie glorie (molte delle quali, se resistono, è perché ancora
hanno qualcosa da dire) né di editori affamati dai ricavi e non dal valore
culturale e sociale che possono avere i loro prodotti.

Detto questo, crediamo che negare (e giudicare) l’uscita
di una rivista o un libro o un qualunque prodotto di cultura prima di averlo
fra le mani, beh, non sia mai un bene. Esercitare il diritto e la libertà di
critica dopo averlo letto è invece tutt’altra cosa. Infine, quello che forse
manca è proprio una tutela specifica per certe categorie di autori.

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Alessio Spataro
Satira dell’anarchia
Il Misfatto

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Mamma
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Armentaro

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testa

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