Secondo appuntamento della stagione per la galleria Marconi, che presenta una personale di Daniele Duranti. La mostra è un percorso di segnali e paesaggi mentali, che costringe lo sguardo all’attenzione. Non invita, ma chiede un rapporto, vuole che lo sguardo si avvicini, per capire e dialogare, per intravedere il dubbio. Richiede di accostarsi fisicamente ad alcuni piccoli gioielli di pittura, volutamente racchiusi in un formato ridotto. Ma si tratta di un percorso ambiguo, che rappresenta la metafora della vita umana nella società odierna, scegliendo come soggetto l’immagine televisiva. Un’immagine però protagonista solo in superficie, che evidenzia il disagio di confondere la realtà con la finzione.
Le opere raffigurano fermi-immagine televisivi, che parlano dell’invasione che i media hanno operato sul vivere comune, sul modo di pensare, sull’arte stessa. Duranti contrappone l’immagine televisiva al linguaggio della pittura svelandone il carattere effimero: il suo è un invito all’analisi. I dipinti sono incentrati sul rapporto uomo-macchina, rappresentano automobili e scontri, con chiaro riferimento al mondo visionario di David Cronenberg e ancor più, al genio di James Ballard e alla sua visionarietà surreale. Un universo in cui “l’uomo non esiste che nel suo contesto ambientale, economico e tecnologico. Muta in continuazione”.
In un percorso saturo di colore si susseguono automobili in corsa, frammenti, passaggi veloci. Il tutto senza una collocazione temporale, e senza presenza umana.
Un’assenza che lascia il posto all’oggetto inorganico (la macchina), che svela comportamenti simili a quelli degli esseri vivente. Quella di Duranti è una pittura concreta, fatta di materia e di vita, che abbandona ogni intenzione propriamente narrativa, ma invita alla riflessione. Ad avvicinarsi per respirarne l’intensità, la precisione e la lentezza. Per scoprire la passione di una pittura tradizionale, piena di attenzioni che vanno decifrate in ogni sfumatura.
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Bella mostra...complimenti all'artista!