20 gennaio 2020

Bologna / Gallerist: GALLLERIAPIÙ

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Inizia oggi il focus sulle gallerie bolognesi in vista della Art Week. La prima è GALLLERIAPIÙ di Veronica Veronesi

Veronica Veronesi, GALLLERIAPIU
Veronica Veronesi, GALLLERIAPIU

Una galleria che, hai dichiarato, non è un white cube. E che ha anche una radio nel basement. Che cos’è quindi GALLLERIAPIÙ?

«A partire da una ricerca nel campo del live act e del suono, la galleria si è concentrata in particolare sulla realizzazione di opere dal vivo (performance, ambienti, concerti, live media, con date uniche, produzioni e anteprime) presentate sia da personalità di spicco della scena contemporanea che da nuove realtà indipendenti. Questa ricerca si sviluppa in parallelo alla collaborazione con la web radio OC!WR, una piattaforma on line di musica eclettica e sperimentale selezionata con cura, ospitata stabilmente nel basement della galleria. Non si tratta del classico white cube, è qualcosa di più. Avevo il desiderio di un luogo dove potersi fermare, pensare, dire, partecipare, un luogo aperto dove trascorrere il tempo. Ho voluto, nei primi cinque anni di attività, capire chi fossi io come galleria e definire una linea che penso adesso sia molto chiara. Ovvero, stiamo cercando un’estetica con conseguenza. Pratiche artistiche che abbiano una forte ricaduta su tematiche strettamente legate all’attualità: a volte disturbanti, a volte perturbanti, sicuramente sempre provocatrici di un pensiero. È questo che mi interessa comunicare. Mi piacciono artisti che non danno delle risposte ma che con il loro lavoro mettono in moto una riflessione e costringono a porsi delle domande. Non abbiamo la pretesa di rivelare nulla, siamo solo curiosi di quello che sta succedendo alla nostra società».

Che artista proponete durante la settimana di Arte Fiera, e perché? 

«Il 25 gennaio inaugura la seconda personale di Ivana Spinelli, intitolata “Contropelo”, a cura di Claudio Musso. Collaboro con Ivana dal 2010 e la sua ricerca si concentra sulle intersezioni tra linguaggio e corpo, in quella che è la dimensione sociale e politica delle relazioni personali, anche di quelle filtrate dai mezzi di comunicazione. Sono particolarmente affascinata dal lavoro di Ivana perché non lo capisco mai fino in fondo, mi obbliga ad uno sforzo che quasi sempre sblocca dei livelli di comprensione che mi permettono poi di andare oltre al mio sguardo aprendo nuovi canali di interrogazione. La nuova mostra si inserisce nel progetto Zig Zag Protofilosofia, percorso di ricerca intorno al “Linguaggio della Dea” che prende le mosse dagli studi dell’archeologa e linguista lituana Marija Gimbutas. Sulla traccia dei precedenti Global Pin-Up (2012) e Minimum (2015-ongoing), anche in Zig Zag Protofilosofia ad un periodo di studio, analisi e approfondimento del tema fa seguito una restituzione plurima che include performance, scultura, oggetto e libro d’artista. In contemporanea saremo presenti ad Artefiera con un solo show di Matteo Cremonesi nella sezione “Fotografia e Immagini in movimento”. La pratica di Cremonesi prevede l’osservazione per lunghi periodi di oggetti standard, apparentemente irrilevanti, come le fotocopiatrici, e attraverso la fotografia registra momenti lenti e quasi privi di azione che esasperano il processo e spingono lo spettatore a interrogarsi sull’atto stesso del guardare».

Quali sono le strategie di un gallerista che continua a vivere e a lavorare a Bologna? 

«Strategie di resistenza! Scherzi a parte credo che Bologna sia una buona base in un mercato sempre più globale, stiamo ragionando su modelli che vanno incontro al nuovo collezionista “globetrotter” con attività di push online, con un servizio immediato e trasparente, ricco di contenuti e capace di creare valore attraverso lo storytelling. Trasparenza e digitalizzazione potrebbero essere due armi vincenti per cercare di regolamentare un settore troppo nebuloso e deregolamentato, ed allo stesso tempo raggiungere un pubblico che ancora fa fatica ad approcciarsi al sistema dell’arte perché un po’ chiuso».

Chiedo anche a te: cosa bisogna cambiare del sistema dell’arte?

«Alcuni dati abbastanza allarmanti riguardo alle percentuali di chiusure di gallerie di media dimensione confermano il fatto che ci sia la necessità di operare dei cambiamenti ed anche profondi. Penso per esempio al rischio di investimento che si assume una giovane galleria che partecipa alle fiere da cui difficilmente avrà un ritorno immediato. Un passo avanti potrebbe essere quello di premiare le gallerie che propongono progetti di rigore. Sarebbe anche interessante trovare momenti di incontro con gli operatori del settore per condividere le proprie “expertise” ed ipotizzare soluzioni condivise e praticabili agendo sempre di più in un ‘ottica di trasparenza. Sicuramente stabilire una sorta di “ codice di comportamento etico” e riconoscere una rete di responsabilità che unisce gli attori del settore potrebbe essere un buon punto di partenza per il cambiamento».

Appuntamenti futuri?

«Parteciperemo alla prossima edizione di Arco Madrid con un progetto che mette in dialogo il collettivo rumeno Apparatus 22 e Yves Scherer, artista svizzero di base a New York. Il fil rouge delle opere presenti è rappresentato dall’idea di sogno nella società contemporanea».

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