Da sempre si è cercato di definirne i contorni e le sfaccettature, ma l’arte non ha una definizione, non è un concetto univoco valevole per tutti. Arte è qualcosa che si riempie di significati e accezioni a seconda del suo osservatore, dei suoi stati d’animo, dei suoi gusti e inclinazioni. Arte è espressione della realtà sociale, degli strumenti a disposizione dell’artista, dei diversi momenti storici in cui è possibile osservarla. La risposta è sempre soggettiva, intima, personale e mai uguale. Semplicemente, si potrebbe dire che arte è tutto e niente e nel momento in cui si prova a definirla, a etichettarla, si arriva sempre a una semplificazione del termine stesso. Sarebbe meglio, quindi, non definirla o considerarla una definizione aperta, mai completa. Non è d’accordo l’Agenzia delle Entrate che, con la risposta ad interpello del 2 settembre 2020, n. 303, ha imposto la sua personalissima definizione di opera d’arte, in occasione della richiesta di chiarimenti per l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata.
La fattispecie riguarda un artista che progetta, con l’ausilio del computer e mediante software tridimensionali, sculture figurative originali che successivamente procede a stampare con l’utilizzo di apposite stampanti 3D. In seguito alla stampa, l’artista ottiene delle sculture grezze che a volte provvede a stuccare, lisciare o sottoporre ad altre lavorazioni artigianali post produzione, tra cui in ogni caso la verniciatura. Le sculture sono vendute quali pezzi unici o in serie limitate di 50 o 200 pezzi per colore, direttamente al cliente finale privato, principalmente online, sia sul sito dell’artista sia su siti specializzati di terzi.
Il tema dell’aliquota Iva ridotta viene disciplinato dal n. 127-septiesdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/72 e si applica ai soli oggetti d’arte individuati dalla Tabella allegata al D.L. n. 41/95. L’esegesi amministrativa è sfociata in una lettura strettamente aderente alla littera legis, negando, di fatto, la qualifica di “opere d’arte” alle sculture realizzate dal contribuente attraverso l’ausilio di procedimenti meccanici (stampanti 3D e software di modellazione 3D), definendo “residuale” l’intervento manuale dell’artista nella realizzazione delle sculture.
L’Agenzia delle Entrate si limita a richiamare la Tabella sopra indicata, soffermandosi sui due requisiti affinché una scultura possa essere inclusa tra gli “oggetti d’arte” e godere quindi, dell’aliquota agevolata al 10%: una scultura dovrà essere interamente realizzata dall’artista e avere una tiratura limitata di soli otto esemplari. Questi limiti ci porterebbero, quindi, a riconsiderare il concetto di arte e a escluderne tutto ciò che non è di “integrale esecuzione” dell’artista e, conseguentemente, tutte quelle espressioni artistiche che esulano dalle tradizionali forme d’arte figurativa.
Una tale interpretazione mostra in maniera evidente il divario tra la norma e la realtà di oggi. Nell’epoca di internet, della tecnologia, ma soprattutto dei social network, il modo di fare arte e di guardare all’arte è inevitabilmente cambiato. L’artista si ritrova a sperimentare attraverso l’ausilio di nuovi strumenti e di tutta la tecnologia a sua disposizione. Ed è qui che la risposta dell’Agenzia all’interpello di cui sopra dimostra la sua debolezza. Non si può certamente pensare che un testo legislativo sia da applicare in maniera rigorosa e asettica, senza compiere un minimo sforzo interpretativo che tenga conto dell’evoluzione delle forme espressive dell’arte. La norma dovrebbe essere espressione del contesto socio-culturale in cui nasce, della realtà in cui prende forma. Ma è anche evidente che nella sua applicazione non si possa mai prescindere dall’evoluzione dei tempi. L’Agenzia delle Entrate ha invece passivamente applicato una regola, bendandosi gli occhi e ignorando la realtà circostante.
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