Sir Winston Churchill, Tower of the Koutoubia Mosque. Christie's London
Se siete stati a Marrakech, ne ricorderete i pirotecnici tramonti e il riverbero degli ultimi bagliori di sole sulle montagne dell’Atlante. Un effetto amplificato d’inverno, con le cime innevate. Era questo lo spettacolo che il primo ministro inglese Winston Churchill (1874-1965) offrì al presidente americano Francis Delano Roosevelt (1882-1945) il 24 gennaio 1943.
La Conferenza di Casablanca – la più lunga e importante riunione militare di tutta la Seconda Guerra Mondiale in cui si erano pianificate le strategie degli Alleati in Europa e si decise la resa incondizionata di Germania, Italia e Giappone – si era appena conclusa, Roosevelt era pronto a partire, ma Churchill invitò l’amico e alleato a non lasciare il Marocco senza aver visitato Marrakech, the Paris of Sahara: «Devo essere con te quando vedrai il sole tramontare sulle montagne dell’Atlante». Una breve parentesi prima di essere riassorbiti dalla fase più critica della guerra.
In cima alla torre di Villa Taylor, concessa in uso al viceconsole americano Kenneth Pendar dalla moglie del milionario Moses Taylor, i due vissero «un momento mistico», come ricordato dal diplomatico. Roosevelt, già molto malato, era stato trasportato in terrazza da due robusti marine. Colpito dalla vista e dal momento, il Presidente disse a Churchill: «Mi sento come un sultano. Puoi baciarmi la mano, mio caro». La villa, dai pavimenti in marmo intarsiato, era un’oasi di bellezza, in mezzo a un uliveto, con cortili traboccanti di alberi di arance, fiori e una grande fontana. L’edificio c’è ancora, a cinque minuti dai Giardini Majorelle di Yves Saint Laurent, ma è ormai in completo abbandono.
Il giorno dopo il Presidente era ripartito (accompagnato all’ultimo momento all’aeroporto da un Winston Churchill in veste da camera rossa a dragoni e pantofole ricamate). Il Primo Ministro inglese decise di fermarsi ancora due giorni, il tempo di dipingere, dall’alto della torre, il paesaggio in cui compare la Moschea di Koutoubia, risalente al XII secolo, poi inviato come dono a Roosevelt per il suo compleanno (il 30 gennaio). Il Presidente lo appese nella sua casa di New York, a Hyde Park.
Questo dipinto, l’unico realizzato dallo statista durante la Seconda Guerra Mondiale, sarà ora battuto all’asta da Christie’s il 1 marzo, a Londra, nel corso della Modern British Art Evening Sale, con una stima base tra 1 milione e 743 mila e 3 milioni di euro. Valore artistico, ma soprattutto un grande valore storico. Apparentemente sottovalutato da Elliott Roosevelt, figlio del Presidente, tra l’altro presente alla Conferenza di Casablanca, che nel 1950, appena cinque anni dopo la scomparsa del padre, lo cedette a un collezionista del Nebraska, innescando una serie di passaggi di proprietà.
Dalle mani di George W. Woodward il quadro passa a Norman G. Hickman, finanziere, collezionista a sua volta e anche produttore cinematografico, coinvolto nella produzione del film documentario, diretto da Peter Baylis, The Finest Hours, dedicato a Churchill, nel 1964. Tower of Koutoubia Mosque fu esposto nell’edificio del New York Daily News nel 1965 e poi al Churchill Memorial in Fulton (Missouri) nel 1970. Dopo la morte di Hickman, nel 1989, viene ereditato dalla sua seconda moglie e in seguito dalla figlia, ma chiuso in un cassetto. Fino al 2011 quando ricompare da M.S. Rau Antiques, a New Orleans, dove viene acquistato dalla Jolie Family Collection, che, in seguito alle vicende matrimoniali di Angiolina Joilie e Brad Pitt, ha deciso di metterlo in vendita.
Nella stessa asta andranno all’incanto altre due opere di Churchill: St Paul’s Churchyard, del 1927, una rara scena londinese (stima: 230-350 mila euro), e Scene at Marrakech, del 1935, che lo statista donò al Feldmaresciallo Visconte Montgomery, uno degli artefici della vittoria sul Terzo Reich, nel 1945. Da allora il dipinto è sempre rimasto nella collezione privata della famiglia Montgomery. La stima si aggira tra i 350 mila e i 600 mila euro.
Ma la produzione dell’ex Primo Ministro britannico è ben più vasta. Alla sua morte nel 1965 nella dimora di famiglia si contavano almeno 500 opere. Churchill aveva cominciato a dipingere intorno ai 40 anni, incoraggiato dal pittore Sir John Lavery, suo “painting tutor”. Dipingere a olio era il rimedio per distrarsi dalle difficoltà e dalle pressioni della vita politica. Una “via di fuga” e una passione da cui traeva beneficio. Meglio se in Marocco, paese che aveva scoperto per la prima volta il 20 dicembre del 1935 e che lo aveva incantato.
Proprio da una terrazza del Mamounia, uno dei più affascinanti hotel di Marrakech (suo quartier generale in tutti viaggi in tempo di pace e dove tuttora gli è intitolato uno dei bar) dipinse nel gennaio del 1936 una veduta molto simile a quella donata a Roosevelt. Celia Sandys, nipote di Churchill, ritiene che sia persino migliore di quella ora in asta (vedi pag.15 di Meetings in Marrakech. The Paintings of Hassan El Glaoui and Winston Churchil, catalogo della mostra tenuta a Leighton House Museum, Londra, 20 gennaio – 31 marzo 2012. Skira 2011).
Churchill concepiva le vacanze come un momento da dedicare alla pittura e alla scrittura di articoli e libri. «Quando sarò in paradiso intendo passare una considerevole parte del mio primo milione di anni dipingendo, per impadronirmi della materia», scriveva in Painting as a Pastime. Mai certamente avrebbe immaginato che un giorno i suoi dipinti (che regalava agli amici) sarebbero diventati oggetti di desiderio con quotazioni a molto zeri.
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