Nella parte alta del centro antico di Napoli, quella che sovrasta le strade e i palazzi eleganti, abbiamo scoperto una mostra di magnifici oggetti che stanno là alle pareti per essere ammirati. E lo meritano. Tanto più quando saranno indossati. Sono dei vestiti realizzati con tessuti più o meno antichi, quelli, come si sa, che hanno il pregio delle fibre naturali e dei materiali più costosi. Sono vestiti nuovissimi all’apparenza ma sono il risultato di un riciclaggio. Contro lo spreco dei materiali e in difesa dell’ambiente. A vico Vasto a Chiaia 52/53, c’è un negozio da cui si accede alla mostra “ARTigianale” delle opere di Francesca Romana di Giacomo, presentata dalla galleria Frame Ars Artes in collaborazione con Wespace di Willy Sant’Angelo.
Una breve scalinata ci porta nel sottosuolo della città. Ci troviamo così in un ampio spazio bianco, intonacato di fresco. C’è un confortevole banco- bar, che però non ci attrae più di tanto. Intorno, invece, ci catturano, appiccicate alle pareti, aeree figure abbigliate con i tanti colori dei vestiti con i loro accessori, scarpe, cappelli, borse, cinture, scialli, che si accoppiano piacevolmente con uno straordinario buongusto. Un insieme sempre molto originale, raffinato elegante come l’autrice.
Ed è proprio lei un esempio di come l’aspetto e i vestiti rappresentino l’animo del personaggio. Il suo abbigliamento è tutto artigianale. E comprendiamo, quindi, di quanto lavoro attento, preciso sia il risultato. Anzi di quante idee, visioni, accorgimenti, pensamenti, correzioni per raggiungere “quel” risultato.
Il lavoro è un pezzo di vita, quello artigianale è un pezzo di cuore. Il vestito riesce a far parlare la persona che lo indossa, raccontando della sua indole, del suo carattere. Lo stilista, creando un vestito, è il creatore di un personaggio. Ma dovrebbe essere l’acquirente a scegliere “quel” vestito, perché che vi ha trovato, in quel vestito, una parte di sé. Ogni capo, in questa mostra napoletana, è diverso dall’altro, come ogni persona è diversa dall’altra. E sperando che l’attuale tendenza all’uniformità non cancelli la differenza, che è una caratteristica dell’umanità di un popolo libero.
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