Categorie: Musica

decibel | Tape cult

di - 16 Aprile 2009
Attualmente è difficile evitare il dibattito sul futuro della musica e dei formati di riproduzione discografica. La cosiddetta era digitale ha creato utenti sempre più legati al mercato su Internet e, con l’esordio del dvd-audio alla fine degli anni ’90, sembra aver spalancato le porte a nuovi standard di riproduzione in grado di offrire esperienze di ascolto multifoniche e immersive. Il formato dvd-audio può infatti registrare da uno a sei canali surround per la spazializzazione del suono, con una risoluzione del campione fino a 24 bit e 192 Khz contro il tradizionale 16/44.1 del “vecchio” cd. Tuttavia oggi gli esempi di dvd-audio sono piuttosto rari, impiegati perlopiù nel settore della sound art o per installazioni multicanale destinate alla fruizione in galleria, e sono in generale apprezzati da un’audience molto ristretta di fedeli del suono cristallino.
La commercializzazione su grande scala di lettori dvd dedicati all’audio non è ancora cominciata, le industrie rimangono a osservare l’utenza aspettando un segnale, un pretesto, mentre si diffondono senza troppo entusiasmo lettori dvd ibridi capaci di leggere sia video che audio attraverso un decodificatore interno che incide non poco sulla definizione del suono. In più, quando si tratta di stampare un dvd-audio, i discografici sembrano perplessi e svogliati visto i costi di un prodotto che non arriva ancora nel salotto di tutti. Come se non bastasse nel 2000 venne introdotto sul mercato il Super Audio CD (SACD), una specie di formato intermedio che poteva esser comodamente letto anche da normali cd player e che avrebbe quindi ostacolato la diffusione del dvd-audio. Le prime produzioni e rimasterizzazioni in dvd-audio risalgono più o meno alla fine degli anni ’90, ma sembrano essersi drasticamente interrotte intorno al 2006. Risultato, nessuno dei due formati – dvd-audio e SACD – riesce tutt’oggi a prevalere sull’altro, restando confinati entrambi nella nicchia dei puristi dell’hi-fi.
Nel frattempo, mentre l’industria discografica si contorce nella ricerca del nuovo prototipo, tra scelte fallimentari, promesse e illusioni, è già divampato da tempo un incendio nella memoria sonora collettiva, alimentato da una crescente tendenza all’esplorazione archeologica dei media e foriero di onde nuove, stimoli, sonorità, mode e visioni inedite. Come accadde ieri al vinile, che dopo l’entrata in scena del radioso compact disc negli anni ‘80 diventò un oggetto di culto, oggi la compact cassette, espulsa dall’invisibile mp3, ritorna al centro dell’interesse di artisti e collezionisti.
Introdotta in massa negli anni ’60 dalla compagnia olandese Philips, l’audiocassetta nasce proprio come alternativa portatile all’ingombrante e voluminoso vinile, inaugurando una stagione di enorme successo che coniuga musica e movimento e si evolve dall’autoradio al walkman, dal lettore mp3 al cellulare. Grazie all’etica punk del Do It Yourself l’audiocassetta divenne subito molto popolare e si diffuse in fretta tra i giovani; chiunque aveva la possibilità di registrare i propri mix e creare l’artwork delle proprie compilation. Lo Stereo 8, tra i primi registratori multitraccia su nastro, fu utilizzato massicciamente negli studi di registrazione casalinghi e dalle punk-rock band inglesi negli anni ‘70 e nei primi ‘80 e oggi la cartuccia originale di Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols è già roba da collezione.

Il maggiore input venne dall’industria automobilistica quando nel ‘66 la Ford cominciò a commercializzare le sue automobili con l’opzione di un lettore di cartucce Stereo 8. Il successo negli Usa fu enorme, ma venne ben presto sorpassato da quello dell’audiocassetta – “scatoletta” in francese – che era ancora più portatile, maneggevole ed economica. Oggi, a vent’anni dal suo declino nel mercato discografico, la cassetta non è stata dimenticata, almeno dalle forze di polizia britanniche le quali, sembra, continuano a registrare su nastro interviste e interrogatori acquistando circa cinquecentomila pezzi l’anno, la metà circa delle vendite totali di nastri nel Regno Unito. Ma non solo. Negli ultimi anni un numero crescente di musicisti, compositori e artisti hanno ripreso in mano l’audiocassetta per esplorarne le potenzialità stilistiche, performative, sonore e di libero mercato, ponendola a volte al centro della propria ricerca estetica. In Germania la popolarità del collezionismo di audiocassette è sorprendente: esistono forum di scambio dedicati e i mercatini dell’usato a Berlino sono colmi di offerte di tutti i generi, mentre i veri puristi ricercano solo il formato Sony al cromo.
In musica sperimentale? Anche qui è già da tempo in voga servirsi non solo di audiocassette e sovraincisioni ma anche di walkman, usati nelle performance come strumenti musicali, oppure come amplificatori in miniatura, microfoni low-fi, generatori di feedback, e ancora cortocircuitati, processati, amplificati, in linea con sonorità concrete, con l’estetica sonora della gestualità, della silent music e in generale controtendenza allo standard del suono digitale, sempre più compresso, saturo e assordante. E si potrebbe continuare a lungo sul sentiero della poesia sonora e della radio art…

Naturalmente i designer, affascinati dall’estetica vintage e dalla forza commerciale del richiamo all’infanzia, non hanno saputo resistere all’occasione di concepire forme stravaganti che mettono insieme la memoria dell’audiocassetta con la vita di tutti i giorni. Così la designer italiana Marcella Foschi, ad esempio, trasforma le cassette di Fivelandia e Bimbo Mix in portamonete, mentre il giapponese Hasbro, già nel 1984 in pieno boom dell’audio portatile, concepiva la Cassette Transfomer, che diventa un dinosauro. Sul sito americano The Tape Place è invece possibile trovare autentiche rarità su Compact Cassette, cartuccia Stereo 8 o Quadraphonic.

alessandro massobrio


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 56. Te l’eri perso? Abbonati!

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