Molti degli oggetti e delle opere d’arte ritrovati negli scavi di Pompei a partire dal 1738, riflettevano le consuetudini sociali e la libertà dei costumi dei Romani in materia erotica. Nel Settecento, malgrado i fermenti riformatori, le mentalità non erano altrettanto spregiudicate: i Borbone, disponendo l’istituzione di un “Museo Ercolanese”, decretarono che vi fossero sale riservate agli ‘oggetti osceni’, per vedere le quali era necessario un ‘Dispaccio particolare’.
Per decenni questi ambienti furono oggetto dello scandalo dei benpensanti e della curiosità di viaggiatori e studiosi, conoscendo così sorti alterne, a seconda delle contingenze politiche: riaperto negli anni che seguirono l’ingresso di Garibaldi a Napoli, il Gabinetto segreto fu di nuovo chiuso dall’amministrazione sabauda e dal regime fascista.
Alla riapertura del 1976, seguirono ben presto i lavori di restauro, e solo oggi il Gabinetto segreto può essere proposto in un nuovo allestimento, che rispecchia l’impostazione del catalogo della “Raccolta pornografica ” del Fiorelli, organizzato cioè per cronologia e per funzione dei materiali, con il solo aggiornamento – per i reperti vesuviani – di una ripartizione per ambito di appartenenza: la pittura mitologica più raffinata per gli ambienti di rappresentanza, la decorazione scultorea e pittorica dei giardini, i dipinti più espliciti e rozzi provenienti da lupanari e stanze particolari di case private, gli oggetti che costituivano il corredo delle mense e l’arredo stesso dei triclini (bronzetti, terrecotte, tintinnabula, a forma di genitali maschili).
Oltre duecento opere, tra sculture, affreschi, mosaici, bronzetti, lucerne e altri oggetti d’uso comune, costituiscono una testimonianza unica nel suo genere della cultura laica dei Romani in materia di erotismo, e documentano le vicende alterne dell’evoluzione del gusto e della pruderie negli ultimi tre secoli.
Tra i reperti esposti, emergono i dipinti che hanno per protagonisti i pigmei; il gruppo marmoreo di Pan e capra, proveniente dalla Villa dei Papiri di Ercolano, che Vanvitelli giudicò “opera lascivissima, ma bella ”; il celebre Tripode con satiri itifallici.
Inoltre si propone la ricostruzione di uno scorcio di strada pompeiana ornata con le tabernae di falli propiziatori, simboli di fecondità e amuleti contro l’invidia, mentre una vetrina ospita gli amuleti personali contro le malattie e il malocchio.
fabio bernabei
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