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Fino al 01.VI.2014 | Paolo Gioli, Abuses, il corpo delle immagini | Villa Pignatelli, Napoli

di - 23 Maggio 2014
Il rapporto tra realtà e immagine è, ormai, un universo conosciuto, una terra a lungo percorsa da scuole di psicologia e movimenti artistici. Eppure, quando si pensa di essere giunti a un punto definitivo, si apre un nuovo squarcio inquietante. “Torsi”, “Autoritratti”, “Volti”, “Nudi”, sono termini che rassicurano il fruitore d’arte, rimandando a concetti e forme ben storicizzate. Abuses, il corpo delle immagini, personale di Paolo Gioli (Rovigo, 1942)  a cura di Giuliano Sergio, alla Casa della Fotografia a Villa Pignatelli, Napoli, ci ricorda che è meglio non fidarsi troppo dei termini. Un accorato memento homo, perché, oltre tutto ciò che si vede, dietro quello che si conosce, si nasconde una frattura insanabile.
Tra le opere, si respira un’atmosfera di costante tensione, il ritmo è sempre palpitante. La materia porta i segni della tragica disputa con l’eternità, vorrebbe uscire dalla superficie e farsi carne ma è bloccata nel cartoncino, nelle polaroid, nei negativi fotografici. Allora, i “Volti” appaiono deformati come maschere drammatiche, i “Torsi” sono spietate sezioni di corpi umani, i nudi sono “Autoanatomie” che, cinicamente, mostrano i particolari scabrosi del corpo. Le identità si confondono nei tratti salienti, i generi perdono ogni connotazione. Anche il nobile marmo dell’archeologia svela la sua natura di reperto morente, le tracce della purezza del mondo classico giacciono alla deriva della cornice. Le sale sono percettivamente ben collegate, dalla prima all’ultima c’è un crescendo di toni e di temi.
Nel ciclo delle “Vessazioni”, quinta sala, vi sono busti di donne e uomini attraversati e scomposti dalla luce, un effetto ottenuto tagliando la pellicola e riattaccandola con nastro adesivo. Un’operazione che ricorda gli effetti surrealisti e dadaisti di Raoul Ubac e Raoul Housmann. Procedendo, il ciclo degli “Sconosciuti”, stampe fotografiche su carta baritata, raffigura il retro della pellicola ritoccata per fotografie di documenti. Fisionomie espressioniste che emergono ribaltate dal fondo. I tratti, fissi nella posa standard della fototessera, sono informi, senza scansione dei volumi, gli occhi e le narici perdono consistenza e diventano voragini.
Gli argomenti del corpo reale e della pesantezza materica, però, sono quelli più superficiali e immediatamente percepibili. Nel caso di Abuses, per capirlo, basta dare un’occhiata ai cartellini: Autoritratto, immagine stenopeica su negativo, Volto in cera, polaroid polacolor trasferita su carta, pigmento di oro e argento, Autoanatomia, polaroid trasferita su seta applicata su cartoncino, acrilico, . Una serie impressionante di tecniche analogiche e procedimenti che farebbe impallidire, virtualmente, i veloci software di fotoritocco. L’indagine, allora, si concentra sul medium in sé, sulle possibilità espressive intrinseche al linguaggio fotografico puro, al di qua della seducente apparenza del digitale. Come i corpi sono vessati e sezionati, così le tecniche sono analizzate, scomposte nei singoli passaggi e, infine, rielaborate con cura, passione e disperata umanità.
Le immagini di Gioli abbandonano la sicurezza della protesi tecnologica e subiscono tutto il peso dell’imperfezione, diventando corpus delicti nell’opera d’arte.
mario francesco simeone
mostra visitata il 16 aprile 2014
Dal 12 aprile al 01 giugno 2014
Paolo Gioli  Abuses, il corpo delle immagini
Napoli, Villa Pignatelli – Casa della fotografia
Orari:  tutti i giorni h 10,00‐14.00; la biglietteria chiude un’ora prima;
Chiuso il martedì

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