A legarli, il filo rosso di un’attenzione agli oggetti:
cose vecchie e cose antiche, scarti di rigattieri o opere di valore, in ogni
caso carichi di memorie. Entrambi gli artisti preferiscono delegare
l’esecuzione del proprio progetto, che sia la ricerca di rottami da ammassare,
o l’acquisto di stampe d’antiquariato. Solo che uno – Ondák – finisce con l’entrarci:
in modo discreto, e un po’ ironico, “laterale”. L’altro disperde la sua anima maudit
nel monumentale
mucchio di sedie sfasciate, bottiglie vuote, manichini, in un’archeologia del consumo
protetta da una cancellata tassativamente invalicabile. Bulimia dell’accumulo
con addentellato estetico-sadico, visto che da anni il polacco salva lavori
condannati alla distruzione regalatigli dai “colleghi”, ma li tiene gelosamente
sotto chiave in anonimi armadietti di ferro, sicché oltre lo squallore del
contenitore la presunta bellezza del contenuto resta interdetta.
Non tutto però è ready made. La manualità irrompe con un coup
de théâtre quando
Kuśmirowki snida il vano sotto la scala, e lo trasforma in un colombario, così
ben mimetizzato che pare sia sempre stato lì. In una nicchia adiacente, poi,
spicca un teschio, di quelli che si vedono in giro per i vicoli limitrofi.
Passaggio “naturale” sul genius loci, e non oneroso tributo di convenienza.
E di genius loci è pregna la personale al piano superiore, dove Ondák si
ritrae nel passepartout di stampe sette-ottocentesche del Vesuvio in eruzione o
rielabora il capolavoro hitchcockiano La finestra sul cortile, cristallizzando attimi sospesi
della quotidianità con soluzioni che, pur non essendo nuove e strettamente site specific, sono del tutto a
loro agio con l’ambiente circostante: tappeti alla ringhiera, una tenda
intrappolata tra due ante serrate da un’improvvisa corrente d’aria, la fedele riproduzione
del balconcino “della signora di fronte” (altro topos caro ai napoletani). Un voyeurismo
senza filtri che porta all’integrazione, seppur effimera, e che almeno ad occhi
“autoctoni” cede a quella punta di sentimentalismo e di folklore buona ma
corrosiva come una caramella.
Una nota a margine, ma doverosa, per l’installazione
permanente di Sol LeWitt, nata e pensata per la Fondazione nel 2004, ma realizzata solo
adesso. Un enorme wall drawing in bianco e nero, che prosegue su parte della
volta, innalzandosi come un’onda. Poesia a tocchi, che sovrasta i visitatori:
alla luce della malattia che lo opprimeva, se non un presagio, quasi un
testamento spirituale del grande maestro americano.
Kusmirowski
a Trento
Ondak
e la Biennale di Venezia 2009
anita pepe
mostra visitata il 14 luglio 2010
dal 13 maggio al 30 settembre 2010
Robert Kuśmirowski / Roman Ondák
Fondazione Morra Greco
Largo Proprio
d’Avellino, 17 (centro storico) – 80138 Napoli
Orario: da lunedì a
venerdì ore 10-14
Ingresso libero
Info: tel. +39
081210690; info@fondazionemorragreco.com; www.fondazionemorragreco.com
[exibart]
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