13 marzo 2008

design_interviste Progetto senza categorie

 
Il loro design è product, graphic, type, textile, video. Il loro marchio professionale: Studiocharlie. I loro nomi sono Gabriele Rigamonti, Carla Scorda e Vittorio Turla. Ciò a cui danno vita è un modo di fare design che muove il progetto, senza riguardo per i confini tipologici, categorici, mentali...

di

Studiocharile si occupa di design, grafica, type design, web design e video. Com′è l’approccio a questi diversi fronti della creatività? Sono più le differenze o le similitudini?
Il progettare è, prima di tutto, un tipo di approccio a una qualsiasi attività ed è espressione della propria visione del mondo e del proprio vissuto. Di conseguenza, non siamo condizionati dalla suddivisione in diversi ambiti di attività: quello che entra in gioco nel nostro lavoro è tutto ciò che riteniamo valido a livello concettuale, pratico ed estetico. Dopo una prima fase ideativa, il fare e le competenze che mettiamo in atto sono differenti, ma a questo punto buona parte di ciò che noi intendiamo per progettare è già compiuto. La materia sulla quale ragioniamo è, di volta in volta, differente; il modo di ragionare è identico.

Indipendentemente dalla tipologia trattata, gli oggetti che progettate presentano un carattere fortemente grafico. Oggi il confine tra il design che interviene sulla materia reale (le cose, gli oggetti) e il design che interviene sulla materia virtuale (le immagini, la comunicazione) è sempre più sfumato…
Il carattere fortemente grafico dei nostri progetti è il risultato naturale del nostro modo di fare. La grafica è concreta tanto quanto una sedia. Si può disegnare su un foglio usando linee e colori. Allo stesso modo, si può disegnare nell’acciaio con laser e pieghe, o nel tessuto con filati e intrecci. Sono disegni nella materia, linee nello spazio che identificano volumi. Il progetto, come processo mentale, non tiene conto delle categorie: le categorie non sono strumento di progetto.

Studiocharlie
Tra i vostri lavori più apprezzati spiccano il carattere tipografico Csuni, che ha ricevuto una Segnalazione d′Onore al XX Premio Compasso d’Oro, e il tessuto Punto Pecora, entrambi selezionati per The New Italian Design, la mostra curata da Andrea Branzi che ha ufficialmente dichiarato la nascita dell′ultima generazione di designer italiani. Cosa ne pensate di questa “nuova generazione” di cui anche voi fate parte?
Il carattere tipografico Csuni (disegnato nel 2003 con Luciano Perondi e Federico Zerbinati) e il tessuto Punto Pecora (prodotto dal Lanificio Leo) sono progetti che continuano a darci soddisfazioni. Il Punto Pecora, tra l’altro, è stato appena pubblicato sull’ADI Design Index (presentato alla stampa e al pubblico lo scorso 5 marzo) e quest’anno verrà tessuto in quattro nuovi temi-colore. È curioso che si senta la necessità di distinguere i progettisti tra “nuova generazione” e “maestri del passato”. Il pensiero progettuale è un flusso continuo, che ci lega necessariamente a chi ci ha preceduto in questa professione. Il nostro giudizio non può che concentrarsi su singoli progettisti e singoli progetti, contemporanei e non. Non è possibile avere una visione compiuta e definitiva di tutto ciò che ci circonda oggi. Comunque, al di là di riflessioni ampie di tipo sociale, economico o filosofico, sono pochi i prodotti di questa “nuova generazione” che ci convincono.
Studiocharlie - Tavolo Rigo
Oggi viviamo in un ambiente saturo e inquinato, in cui l’inquinamento materiale è almeno in parte conseguenza dell’inquinamento semiologico. Cosa vuol dire progettare immagini e oggetti in un mondo soffocato da immagini e oggetti?

Progettare -e produrre- oggi è un atto di grande responsabilità. Qualcosa evidentemente non funziona: da una parte sembriamo tutti spaventati da questa eccessiva quantità di oggetti, dall’altra il nostro sistema economico costringe le aziende a proporre a ritmo incalzante prodotti che siano accattivanti, innocui e facilmente sostituibili con quelli fittiziamente nuovi. Tutti questi oggetti devono poi essere comunicati, e bisogna farlo in modo aggressivo, altrimenti è come se non esistessero. Il valore della comunicazione è diventato enorme, sproporzionato, tanto che il valore effettivo dell’oggetto risulta quasi impercettibile. Bisognerebbe mettere meglio a fuoco quello che si sta facendo. Acquisire la piena consapevolezza del nostro mestiere, per non essere travolti da una quotidianità sovraccarica.
Studiocharlie - Punto Pecora - dettaglio del tessuto Punto Pecora L - prod. Lanificio Leo
Dall′esterno, la professione del designer sembra tutta un’effervescenza di idee, spunti, soddisfazioni. Anche a voi non sono mancati riconoscimenti e inviti a mostre importanti. Ma il lavoro del designer è davvero tutte luci e niente ombre? Cos’è che non si vede “da fuori”?

Ciò che non si vede da fuori è il lavoro che sta dietro a ogni cosa che poi viene resa pubblica. La dedizione quotidiana, diciamo. I progetti, sì, nascono da intuizioni, ma vanno portati avanti con costanza. Le idee sono, per così dire, l’innesco di un processo più complesso. Il lavoro di progettisti ci piace molto. Spesso, però, il confronto con interlocutori che non sono disposti a giudicare autonomamente ciò che viene loro proposto e a valutare i progetti in sé crea delle difficoltà. In questo caso, i lavori all’attivo, le pubblicazioni e i riconoscimenti forniscono un’utile base di dialogo, un buon punto di partenza per far acquisire la giusta credibilità a noi e ai nostri progetti.

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www.studiocharlie.org

a cura di stefano caggiano

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