10 giugno 2008

HIC SUNT NOMAS

 
Nomade. E mai assoggettato. È il nome scelto dalla nuova fondazione capitolina sorta nel Quartiere Africano. Ne abbiamo parlato con i titolari, Raffaella e Stefano Sciarretta: un altro caso di collezionisti-mecenati che tentano il grande salto sulla ribalta espositiva...

di

Nomas… che cosa significa?
Nomas è un vocabolo latino. L’impero romano definiva così tutti quei popoli, “nomadi”, che occupavano la fascia sahariana dal Marocco fino all’Egitto e oltre. Quei nomadi non sono mai stati assoggettati, né dai romani, né dagli arabi, né dagli spagnoli e neppure dall’Impero Ottomano.

Una metafora per voi?
Il termine rappresenta bene l’idea di libertà, indipendenza e assenza di vincoli che noi abbiamo dell’arte.

Da collezionisti a titolari di una fondazione. È un processo che accomuna molti.
Si colleziona per anni, poi giungono momenti di sintesi in cui senti che questo gesto non ti basta più, che vuoi anche tu “creare” qualcosa. Il collezionismo come “meta-opera” che produce senso e muta il ruolo dell’attore collezionista. Alcune fondazioni nascono come appendice di un processo più complesso, affiancando e potenziando un logo commerciale: l’arte come veicolo “subliminale” di un prodotto.

E voi?
Abbiamo il solo scopo di dare spazio e supporto agli artisti e ai loro progetti, senza altra finalità.

In breve, la vostra storia collezionistica.
In principio fu la Pop Art italiana.

Poi?

Quasi da subito i giovani che coraggiose gallerie esponevano a Roma. Lavori impossibili, indecifrabili, impensabili dai quali rimanevamo totalmente affascinati. Poi, uno dei tratti che ci ha maggiormente connotato è stato, e continua a essere, quello di visitare sempre tutte le gallerie, note o meno note, consapevoli che non esistono luoghi “elitari” dell’arte. A volte ci chiedono “venderesti una vecchia opera che forse non senti più vicina a te per comprare quella di un’artista che ti interessa?”.
Raffaella e Stefano Sciarretta
E che rispondete?

Ci viene da sorridere: è come se uno ti dicesse di cancellare una parte dei tuoi ricordi per far spazio a quelli nuovi.

Avete scelto una zona particolare di Roma, non nei canonici circuiti espositivi. È una sfida o è successo per caso?
È stato un caso, ma ora siamo consapevoli che è anche una sfida. Roma sta affrontando un progetto molto importante con due poli museali che saranno i più grandi d’Italia. Ma questo non basta. La lontananza della gente rispetto all’arte contemporanea che si percepisce talvolta nella nostra città può e deve essere risolta. È bizzarro che proprio Roma, che è stata per millenni attenta alla propria “contemporaneità”, lasciandoci meraviglie artistiche di ogni epoca, abbia poi attraversato un periodo di silenzio, quasi che l’arte coeva non meritasse l’attenzione dovuta. La conservazione dell’antico è un valore da sostenere accanto alla promozione del contemporaneo, soprattutto nei luoghi pubblici. Se Leonardo rinascesse oggi, crediamo sarebbe estasiato dall’arte contemporanea, in modo particolare per gli stimoli concettuali che ne avrebbe tratto.

Che tipo di staff coinvolgerete nella fondazione? Esisterà un direttore-curatore o di volta in volta saranno persone differenti ad occuparsi delle mostre?
Non è scorretto dire che sarà coinvolto uno staff acerbo. Il mondo dell’arte nasconde talenti ovunque, e non ci riferiamo soltanto agli artisti. Ci sono operatori che hanno competenze straordinarie, professionalità impeccabile, passione autentica per il loro lavoro, spesso costrette a mettere a disposizione tanto entusiasmo avendo poco o nulla in cambio. È a loro che vorremmo dare la possibilità di esprimere in modo adeguato le proprie qualità. In merito alla figura di un curatore, il concetto di “nomadismo” che sottende alla fondazione striderebbe fortemente con una figura stanziale. Ciascun artista sceglierà liberamente il curatore che sentirà più affine al proprio lavoro: invertire i ruoli per stimolare la creazione di un nuovo assetto relazionale all’interno dello schema di “potere” attuale.

Quant’è grande e com’è fatta la Nomas Foundation?
Lo spazio espositivo di Nomas è di circa duecento metri quadri: una misura ragionevole per stimolare la creatività di un artista.
Uno scorcio dell'opera di Arena
Siete partiti esponendo un’opera della vostra collezione. Le prossime mosse quali saranno? La mission di Nomas…

La mission di Nomas lascia duplice libertà operativa agli artisti: da una parte lo spazio di viale Somalia 33, dall’altra qualsiasi altro spazio essi reputino adeguato a realizzare il proprio progetto. In tal modo Nomas potrà esprimere quella mobilità che è insita nel concept, materializzandosi a Francoforte, a Bucarest o in qualsiasi altro luogo scelto dall’artista.

Parliamo di soldi. Che entità ha il budget annuale che avete profuso in questa iniziativa?
Non ci siamo prefissi ancora alcun budget, ma proprio in virtù di una rete cooperativa tra organismi che operano nel mondo della cultura, ci auguriamo di avere lungo il nostro percorso altri partners che possano accostarci e collaborare.

Chiudiamo in leggerezza. Com’è andato l’opening? Che tipo di riscontri state avendo?
L’opening è andato benissimo e siamo sinceramente felici di aver presentato un lavoro come quello di Francesco Arena. Quando vedemmo la prima volta 3.24 mq di Francesco Arena restammo colpiti: materializzare lo spazio della cella di Aldo Moro, un luogo che non esiste più e che nessuno ha mai potuto visitare, ci è da subito apparso un lavoro assolutamente significativo della memoria storica del nostro paese. Questa nostra impressione è stata condivisa da tutti coloro che sono venuti a vedere il lavoro: abbiamo sentito il calore di tutta la grande famiglia allargata dell’arte contemporanea a Roma. Questa sensazione di sostegno e di affetto è per noi di fondamentale importanza, perché non esistono progetti solitari, ma è sempre il corpo sociale a dare significato e forza alle azioni del singolo. La cosa che ci ha fatto sinceramente piacere è stata che l’evento non ha avuto alcuna connotazione mondana: quasi cinquecento persone che conoscevamo una a una, personalmente, con le quali intratteniamo relazioni umane autentiche. Perché l’arte e la cultura sono anche questo, e questo è un valore che non ha prezzo.

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a cura di massimiliano tonelli

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 50. Te l’eri perso? Abbonati!


Nomas Foundation
Viale Somalia 33 (quartiere Africano) – 00199 Roma
Info: tel. +39 0686398381; info@nomasfoundation.com; www.nomasfoundation.com

[exibart]

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