12 novembre 2008

fino al 20.XI.2008 Flux Capacitor Roma, Extraspazio

 
Una collettiva di giovani artisti. Fra i quali spunta anche un Italian Wave. Con uno sguardo sul tempo, declinato nelle sue varie forme. Forse troppe, poiché anche lo spazio, oltre il tempo, stringe...

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Gli artisti presenti alla mostra Flux Capacitor, oltre a essere tutti nati a fine anni ’70inizi anni ‘80 e ad essersi di recente diplomati presso alcune delle migliori scuole europee, non hanno niente in comune.
Le loro opere sono state scelte in base a una sottilissima “omogeneità di intenti”. Il filo rosso che lega le opere è il sentimento del tempo, percepito e declinato in maniera diversa da ogni singolo artista. Punto di partenza è, come il titolo suggerisce, un ritorno al futuro, per la precisione un viaggio nel passato che provoca effetti incontrollabili sul presente. La difficoltà della mostra è data dalla forte centralità che ogni artista sembrerebbe richiedere. Dalle fin troppo presenti opere nasce un sensibile effetto entropico, di cui sono complici anche le esigue dimensioni dello spazio.
Si viene subito attratti da una bianca e zuccherosa piramide (202.301 joules lost on LeWitt, robbed from Rome, 2008) di Roisin Byrne, chiara quanto ironica riformulazione delle Strutture modulari di Sol LeWitt. Della stessa Byrne è 25.487 grains of sweat and tears and robbed shaker from esteemed institution, una saliera che contiene sale misto a lacrime dell’artista: oggetti d’uso comune, materie naturali, forme conosciute che subiscono una rilettura provocatoria.
Roisin Byrne - 202.301 joules lost on LeWitt, robbed from Rome - 2008 - cubetti di zucchero - cm 31x94x137 - courtesy extraspazio, Roma
Accanto alla piramide di zucchero troviamo una colonnina di cartone, su cui si è scelto di lasciare un piccolo dono. Frutto di riciclo di materiale fotografico, le sculture di Francesca Anfossi catturano per la loro capacità evocativa, in grado di espandere il loro senso a un significato che va al di là del racconto personale (Real oasis at sunset, 2008; Scintillation, 2007; Icerink from my hotel window, 2007).
Un dispositivo analogico, costituito da un proiettore e da una pellicola 16 mm, sono sufficienti per rendere il presente già un ricordo. L’intento di Erik Blinderman, con il suo film Na carrozzella va co du stranieri (2008), è in bilico fra il divertimento e la fredda ripresa al limite del cinismo.
Poco rappresentato è Patrizio Di Massimo, uno dei vincitori di Italian Wave nell’appena trascorsa Artissima, qui presente con un’unica opera fotografica, Oae (2008). Una immagine in bianco e nero, una visione frontale e misurata, giocata su una porzione di un edificio libico, in sé enigmatica e paradigmatica delle contraddizioni odierne.
Patrizio Di Massimo - Oae - 2008 - stampa - cm 105x146,5 - courtesy extraspazio, Roma
Con Gestalt, Michael Eddy offre una raccolta di cinque foto di altrettante sculture ambientali, sparse per il mondo, che sembrano alludere formalmente alle Twin Tower. La greca Maria Karantzi realizza invece uno stendardo (Layout and font for a revolution, 2008) imbastendo il pangramma utilizzato dai grafici per provare i caratteri da stampa. La scritta the quick brown fox jumps over a lazy dog campeggia, perfettamente leggibile, e sembra alludere in maniera critica a un’ideologia ancora da creare.

enza di matteo
mostra visitata il 31 ottobre 2008


dal 10 ottobre al 20 novembre 2008
Flux Capacitor
a cura di Ilaria Gianni e Isobel Harbison
Extraspazio
Via di San Francesco di Sales, 16/a (zona Trastevere) – 00165 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0668210655; info@extraspazio.it; www.extraspazio.it

[exibart]

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