21 gennaio 2010

ORCHESTRARE RIVOLI

 
Sprizza progettualità e suggerisce una visione la prima ampia intervista rilasciata da Andrea Bellini come neodirettore (assieme a Beatrice Merz) del Castello di Rivoli. I fondi, lo staff, la lontananza da Torino, la divisione dei ruoli fra i due direttori e le polemiche di dicembre durante la nomina. In un museo che vuole farsi hub di esperienze culturali, un direttore che si dà il ruolo di direttore d’orchestra...

di

Andrea Bellini, a un certo punto la tua
volitiva gestione di Artissima e la fiducia che riponevano in te alcuni
importanti amministratori pubblici sembravano essere elementi che ti davano
come assoluto favorito alla direzione del Castello di Rivoli…

Non si è mai trattato di una candidatura
blindata. Al contrario, il fatto che il mio nome sia uscito molto presto, quasi
due anni fa, ha reso la mia candidatura molto complessa e scomoda.

I più pessimisti dicono: nei prossimi anni
chi governerà Rivoli ne dovrà gestire il declino, visto che non ci saranno mai
più i soldi di un tempo. Come la vedi?

Io non mi appresto a gestire un declino,
semmai un rilancio dell’istituzione. Certo, i fondi a disposizione del museo
sono sempre meno, ma uno dei compiti fondamentali del direttore è proprio
quello di reperire le risorse.

Una sintesi schematica di come immagini il
tuo Rivoli. Quali le macro-aree che immagini di sviluppare? Quali le
linee-guida all’interno delle quali cercherai di inscrivere il museo?

Il museo d’arte contemporanea avrà
una funzione sempre più strategica nella società futura, in quanto ha il potere
(e il dovere) di ispirare il suo pubblico, di influire sul modo nel quale le
persone interpretano il mondo e anche la propria esistenza. Il museo deve
insomma rappresentare un luogo d’incontro e confronto, deve creare esperienza.
Conservare ed esporre opere d’arte è una missione centrale ma – da sola – non è
sufficiente a interpretare le nuove funzioni e i nuovi obbiettivi del museo
d’arte contemporanea del XXI secolo. Oggi la scommessa consiste nel pensare,
pur nel rispetto della straordinaria storia del Castello di Rivoli, questo
nuovo modello.

Andrea Bellini e Beatrice Merz
Strutturandolo in che modo?

L’idea è di mettere a punto una
struttura museale elastica e interdisciplinare, in grado di produrre a un ritmo
serrato non solo mostre di grande prestigio, ma anche diversi eventi culturali.

Gestire un museo come il Castello necessita
di un’esperienza pregressa, se non altro a livello amministrativo. Ida
Gianelli, ad esempio, rivestiva anche il ruolo di Segretario Generale. Voi vi
“limiterete” alla direzione artistica?

No. Ci occuperemo di tutto.

Rivoli, come tutti sanno, ha un problemino
non da poco: non è visitato praticamente da nessuno…

Rivoli quest’anno ha avuto 131mila visitatori:
mi sembra ingrato dire che non è visitato praticamente da nessuno. Certo, la
lontananza di Rivoli dal centro di Torino è un problema oggettivo, un problema
che rende la sfida ancora più complessa.
Gianni Colombo - Topoestesia-tre zone contigue (itinerario programmato) - 1965-70 - veduta dell’allestimento a Palazzo delle Esposizioni, Roma 1970 - courtesy Archivio Gianni Colombo, Milano - photo Ugo Mulas
Silenzio, parla Andrea.
Bellini, of course. Protagonista del “pasticciaccio” che ha infiammato le
cronache natalizie del mondo dell’arte, al quale adesso non resta che…
rimboccarsi le maniche, per affrontare al meglio quello che lui stesso
definisce “un anno di transizione”. Perché il 2010 per il neodirettore – e per
la sua collega Beatrice Merz – si presenta ricco di sfide, anche alla luce
dello scenario che potrebbe delinearsi dopo le elezioni regionali di marzo.
Mostre sì, ma anche festival specialistici dedicati ai vari ambiti della
cultura contemporanea, e la prosecuzione delle attività storiografica e
didattica. Con alcune ineludibili necessità: avvicinare Rivoli al centro di
Torino e reperire fondi. Tutto questo sul prossimo numero di Exibart.onpaper,
in uscita nei giorni di ArteFiera. Scommettiamo che nei corridoi bolognesi se
ne sentirà molto parlare?

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a cura di m. t.

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4 Commenti

  1. La sfida c’e’ e,alla luce di alcuni dettagli, diventa più comprensibile il rifiuto di hoffmann. Ma il punto e’ proprio questo. La sfida di domani si gioca su i finanziamenti e la distanza dal “centro” presunto. Quanto si può fare a meno di “centro” e di soldi senza venire meno alla mission del museo???

  2. Perchè continua a rifilarci questo non pensiero: usa espressioni mollicce, stereotipate, senza linfa. Sei a capo di un museo come Rivoli e sembra che ti abbiano appena tirato giù dal letto… Non so perché ma mi ricorda Rutelli

  3. Il Castello di Rivoli ha bisogno di un grande rilancio, ad iniziare dalla collezioni permanente che pare sempre più vuota, alla funzione di Museo e storicizzazione, spazio e risorse ne ha, speriamo che vengano attivate e rese più dinamiche…

  4. concordo con il commento di andrea, bellini ricorda rutelli.
    Non manca solo struttura intellettuale ma anche dinamismo e follia curatoriale, intesa come visione ovviamente. Ricorderei al mondo chi sono stati i grandi direttori dei musei fino agli anni ottanta. Cito solo Pontus Hulten.
    Bellini fa parte di un modo che deve esserci, ma con questo non mi unisco al coro, spesso qui tra i commenti di exibart, di coloro che gridano alla inesistenza del sistema dell’arte. Il sistema dell’arte c’è deve esserci, ma non deve, con atteggiamento tipico all’italiana, cadere così in basso. Bellini ha funzionato facendo il raccattagallerie cool, quello lo può fare è un fighetto che sa in quale ambito muoversi, ma non potrà agire da propulsore culturale. Quale un museo come Rivoli è.
    Comunque è il prossimo direttore del padiglione italia dopo sgarbi.
    Profezia!

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