22 settembre 2010

Siamo tutt’orecchi: il Maxxi , nella conferenza dei 100 giorni, ci dirà perché quelle scelte sulla ristorazione?

 

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76252
È più insolito che uno dei più grandi settimanali d’inchiesta del paese dedichi ben due pagine ad un museo d’arte contemporanea (non parlando certo di mostre), o è più insolito che questo museo, una volta messo sotto accusa da una precisa disamina giornalistica, risponda con un assordante silenzio?
Questo, tuttavia, è successo. I protagonisti sono L’Espresso e il Maxxi. Il settimanale di Largo Fochetti – prendendo per la verità avvio dal nostro articolo del 25 luglio che trovate qui sotto – è uscito lo scorso 26 agosto con un’inchiesta puntuale e puntuta a firma di Emiliano Fittipaldi il giorno (vedi il link). Argomento? Le assegnazioni dei servizi correlati al museo: ristorazione in primis. Tuttavia né alle nostre anticipazioni, né all’inchiesta dell’Espresso, nessuno dalla Fondazione Maxxi o dal Ministero dei Beni Culturali ha ritenuto opportuno rispondere e chiarire.
C’è da augurarsi che l’incontro con la stampa, previsto al Maxxi per giovedì 23 settembre e indetto per anticipare la programmazione del museo dopo l’importante traguardo del centomillesimo visitatore (e dei 100 giorni di apertura), sia un’ottima occasione per spiegarsi. Per spiegare, ad esempio, perché si sia optato per far vincere la gara sulla ristorazione del museo – ormai un ambito strategico per tutti gli spazi d’arte del mondo – ad una società che ha offerto molto, molto meno denaro su canoni e royalty decidendo, di fatto, deliberatamente di far perdere soldi al Maxxi. O per smentire, ad esempio e sempre per citare le accuse de L’Espresso, che si sia avuto un occhio di riguardo per una società vicina ad un potente uomo politico che risponde al nome di Gianni Letta.
Smentite che tutti attendono. Dal momento che il Maxxi ha deciso di assegnare i propri servizi di ristorazione alla società che ha offerto meno di tutti, dovrà quantomeno motivare la scelta. Scelta che, peraltro, espone il museo ad eventuali ricorsi e ad antipatiche inchieste giornalistiche (non è un mistero che oltre a L’Espresso, vi sia Report ad indagare sull’affare). Senza dubbio al Maxxi avranno fatto le loro scelte mossi alla ricerca della massima qualità, non ne abbiamo dubbi. Ma allora perché leggendo gli atti si assapora, nel progetto della società vincitrice, uno stile di ristorazione “da catering”, tutt’altro che in linea non solo con lo stile-Maxxi (che dovrebbe trasmettere i concetti di avanguardia e ricerca, altro che gastronomia da sposalizio medio-borghese…), ma soprattutto con quello di tutti gli altri musei che del Maxxi sono competitor. Come spesso abbiamo avuto modo di sottolineare, infatti, spazi come il Guggenheim di Bilbao, ma anche il Castello di Rivoli o il Palazzo delle Esposizioni curano ormai la loro ristorazione quasi quanto le loro mostre.
E a proposito di altri musei una questione sul piatto, sfuggita a L’Espresso, la vogliamo aggiungere noi: perché il Maxxi non ha tenuto conto della presenza in gara di una cordata che si sarebbe avvalsa del supporto di un importante chef stellato contemporaneo? Tutti i musei d’arte contemporanea del mondo fanno carte false per avere chef di talento a presidiare i loro ristoranti, come mai al Maxxi hanno scelto la strada opposta?

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[exibart]

1 commento

  1. si magari chiamate pure Ferran Adrìa!!!! ma dai, decidete se andare a vedere una MOSTRA o andare a PRANZO!!!! basta co sti ristoranti che invadono i musei!!!

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