18 settembre 2015

Internet, la realtà e la relazioni. E un progetto che indaga l’era digitale e i suoi cambiamenti, partendo da una “Glitch Cave”

 

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Have we become the Internet? è un ciclo di mostre ed eventi a cura Di Dario Giovanni Alì e Simona Squadrito, avviato nel mese di giugno simultaneamente all’inaugurazione del Glitch Cave, installazione realizzata da Parasite2.0 all’interno dei giardini di Villa Brivio di Nova Milanese (nelle foto). Attraverso il progetto, che coinvolge diversi artisti e curatori sino alla fine del mese di settembre, s’intende avviare un’indagine sui cambiamenti vissuti nell’era digitale e sulle sue forme di resistenza. Have we become the Internet? mira a guardare criticamente alle trasformazioni che ci stanno riguardando, andando oltre un semplice determinismo tecnologico. Domenica, per il secondo appuntamento, sarà la volta degli interventi di Enrico Boccioletti, Lia Cecchin e Mattia Pajè. Ne parliamo con i curatori.
Avete toccato dei temi complessi all’interno di una struttura dall’apparenza “leggera”. La Glitch Cave può indicare al passante un luogo di svago – una discoteca, una piazza di incontro, una struttura effimera –. Si tratta invece di un temporaneo incubatore creativo sviluppato dalla triade di architetti e artisti visivi Parasite2.0 a cui avete restituito un’identità più articolata grazie agli artisti m e Thomas Berra. È questo il Glitch Village?
« Il Glitch Village è una possibile risposta alla domanda Have we become the Internet? Attraverso il progetto non ci interessa fare stime o previsioni catastrofiche per il futuro, ma registrare piuttosto uno stato attuale di cose: Internet fa parte di noi, del nostro vivere quotidiano, ma è uno strumento e come tale non si sostituisce alla vita reale. Non siamo una sola cosa con Internet, perché esserlo significherebbe abdicare alla fisicità della vita e delle nostre relazioni. Il Glitch Village è solo un tentativo di restituzione dell’immagine della nostra realtà attuale: una rappresentazione simbolica del web (la Glitch Cave di Parasite2.0) fa da contrappunto al suo doppio negativo (l’Off-Line Pavilion, emblema dell’incontro fisico tra individui). Il cordone di bandierine di Thomas Berra delimita il confine ludico e fisico dell’aspetto festivo che desideravamo veicolare. Infine, la FREE WI-FI ZONE di m dà a passanti e frequentatori di Villa Brivio la possibilità di utilizzare il luogo per accedere gratuitamente a Internet, ponendo una questione oggi fondamentale: il diritto di poter restare connessi in maniera gratuita».
In Glitch Cave l’utilizzo di materiali diversi è importante. Quanto ha influito la scelta dei materiali da parte di Parasite2.0 con quella curatoriale?
«Più che sui materiali, la nostra ricerca curatoriale si è incentrata sulla matericità in generale. Assistiamo ogni giorno al falso mito di una realtà sempre più “immateriale”. Nel 2014 sono state stimate 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici prodotti nel mondo. Nello specifico dell’utilizzo dei materiali, invece, il pvc Hologram utilizzato per la realizzazione della Glitch Cave ci ha subito incuriosito per la sua versatilità: può diventare – com’è successo con il fashion stylist Tomas C. Toth – lo scenario di uno shooting fotografico; oppure può fungere – come ci auguriamo – da pretesto per ripensare ironicamente a uno spazio espositivo nuovo, diverso dal canonico white cube. L’Off-Line Pavilion, invece, che ha le stesse dimensioni e forme della Glitch Cave, vuole porsi come un contenitore di persone e incontri tra corpi, ed è per questo che è stato costruito senza l’utilizzo del pvc: è uno scheletro da riempire».
Che risposta vi siete dati al quesito “Have we become the Internet?”
«È ancora troppo presto per darci risposte, per il momento ci facciamo solo domande. Ora, con la serie di mostre previste per il nostro progetto, forse raccoglieremo qualche dato in più per poter rispondere». (Rossella Farinotti)

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