Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Davide Minuti

di - 11 Ottobre 2002

Iniziamo dalla tua ultima mostra personale. Lo scorso Giugno negli spazi della Galleria Marabini di Bologna hai presentato Loading, una serie di tre quadri/oggetto e Update un’installazione a ‘moduli variabili’. In che maniera questa fase attuale della tua ricerca si lega e si differenzia da quella precedente?
La mostra svoltasi a Bologna lo scorso luglio ha ospitato due lavori di cui uno è da ritenere nuovo. I quadri, Loading…, sono il proseguimento di un lavoro che nasce nel 2000 e continua a progredire in successione numerica, come fotogrammi tridimensionali del caricamento di un immagine.
Il secondo lavoro presente in mostra, Update, è un modo di intendere il rapporto con l’oggetto esposto, presentato. Sono elementi mobili e possono essere quindi combinati in disposizioni diverse.
Se nel caso delle immagini, quadri o Loading…, si ripete un atteggiamento nel definire l’attesa e le variazioni sono minime, legate ai colori e alla loro presenza ai margini, per quanto riguarda la ‘scultura’ le componenti sono tutte mobili e varabili all’infinito.
Sono due intenzioni diverse che si presentano in modo opposto, tutte e due non definiscono esattamente qualcosa ma l’approssimazione a una definizione, per gli elementi disposti nello spazio i valori sono temporanei e relativi, c’è un lay-out predefinito e costante.

E Cosa mi dici a proposito dei due progetti download che ancora non hai realizzato concretamente?
L’aspetto che mi sta più a cuore del lavoro è, come ti dicevo, il progetto con le fasi che implica. Le componenti del lavoro si definiscono gradualmente fino ad approssimarsi a quel che intendo realizzare, le immagini che ne derivano hanno per me il senso più prossimo di quel che si vedrà, ogni rendering ne sviluppa con estrema fedeltà le intenzioni volumetriche.
Nel caso dei Download esistono allo stato attuale soltanto file di progetto, le strutture progettate nel D.01 come nel D.02 si muovono a trazione eolica, ‘scaricano’ energia attraverso il movimento, sono elementi dinamici, le forme che contengono il senso della loro funzione.
In questi lavori coincidono e convivono la necessità di forme ‘strumentali’ o di veri e propri strumenti in rapporto ad elementi variabili.
Ogni sviluppo di un Download pone l’accento su questa componente, sull’energia latente ed invisibile che si manifesta in una forma che solo in parte definisco io. Vorrei che ogni forma di energia rinnovabile potesse arricchirsi di una bellezza accessoria fino ad essere integrata totalmente nelle pratiche quotidiane, una forma di ricchezza condivisibile.

Veniamo ai titoli dei tuoi lavori mutuati dalla terminologia informatica: Loading, Update, Download… indicano, metaforicamente, stati di attesa e aggiornamento affrontati quotidianamente, al lavoro come a casa, da tutti noi. In che misura questi stati entrano nei tuoi lavori?
La terminologia informatica è una sintesi che adotto per indicare degli ‘stati’ delle cose, comandi sintetici e di definizione di condizioni, percorsi e ambiti di significazione ampi, disposti ad accogliere variazioni, anche di senso.
Per me è un modo per creare distanza tra l’emotività di un’idea e la sua definizione,
come sollecitare una domanda e tentare una risposta che le accolga tutte.

I concetti di cui mi hai parlato ‘approssimazione’, ‘evoluzione generativa delle forme’ , e ‘sospensione’ mi rimandano a certe caratteristiche tipiche delle recenti espressioni di musica elettronica…
Sono contento di questo rimando, le sonorità prodotte negli ultimi anni dalla musica elettronica mi hanno reso delle ‘chiavi di lettura’ di quel che la tecnologia è riuscita a produrre. I ritmi e le dinamiche di queste sintesi sonore creano in me un senso di paesaggio più agibile, è come se anche in questo contesto l’esattezza e la variazione si completassero come l’intenzione che si sviluppa in forme e variazioni talvolta molto diversificate, lontana dal sudore di un esecutore in preda all’impeto: l’esasperazione della logica che sbanda entro i suoi confini.

Il tuo interesse converge, inoltre, verso il design industriale e l’utilizzo di materiali artificiali. Quando è iniziata a svilupparsi questa sensibilità?
Non riconosco un inizio cronologico verso questo interesse, il progetto e le sue implicazioni sono le componenti da cui ricavo le suggestioni più forti, discipline che vi sono più prossime mi interessassero di più. Il design come l’architettura o la meccanica o l’informatica sono vincolate alla loro pianificazione perché siano praticabili, così come l’infinità di attività umane che hanno ridisegnato l’habitat che ci è dato di vivere. Riconoscere questi elementi nelle cose che mi circondano fa sì che mi interessino di più e quindi si sviluppi in me una maggiore o minore attenzione a riguardo.

Negli anni ‘60 il minimalismo storico, (Bob Morris, Carl Andre, Donald Judd) presentava moduli geometrici solidi ed essenziali, forme pure nello spazio e liberamente interpretabili. Molti hanno parlato nel tuo caso di derivazione minimalista, ma i tuoi lavori pur avvalendosi di criteri come la serialità, il geometrismo puro etc, presentano aspetti diversi e valori più morbidi e sensuali, a tratti ‘pittorici’. Che tipo di ‘aggiornamento’ ha subito il minimalismo nella tua ricerca?
Quel che ho realizzato ha la semplicità del minimalismo ma non lo statuto critico, ovvero non definisce qualcosa di primario o assoluto, non rende valori definitivi riguardo le forme. Nei lavori realizzati ho cercato solo di ridurne l’impatto, l’intenzione è come aiutata dagli elementi utilizzati, siano essi colori o supporti metallici.
Cerco di neutralizzare l’involucro e le sue implicazioni in senso strumentale all’idea che ne determina la realizzazione, quel che la può assecondare meglio ed in maniera più immediata.

Si può parlare di ‘astrazione’ e riduzione della forma o di ‘concretezza’ intesa come costruzione/concretizzazione mentale di forme?
Concretezza nel senso di ineluttabilità, le forme non credo di costruirle mentalmente, sono più un risultato delle intenzioni che le presuppongono, cerco soltanto di ridurre il contenitore alla sua “ragione” eliminando ciò che non è necessario o confonde l’attenzione dal senso del lavoro.

marco altavilla

Bio
Davide Minuti, nato a Torino, nel 1973, vive e lavora a Milano.
Mostre personali:
2002: Galleria Marabini, a cura di Guido Molinari, Bologna
Mostre collettive:
2002: Art Basel 33, c/o gall. Alfonso Artico, Basilea; 2001: ‘Vapore acqueo’, a cura di Alessandra Galletta, Rimini; ‘A Milano non fa freddo’, a cura di Gianfranco Maraniello, gall. Alfonso Artiaco, Pozzuoli, Napoli; 2000 ‘spazio bianco’, a cura di Daniela Lotta ed Elena Bordignon, Terminal, Bologna; 2000 ‘emporio’, a cura di Guido Molinari, gall. Viafarini, Milano.

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Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

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