Categorie: parola d'artista

exibinterviste | la giovane arte – Paolo Chiasera

di - 4 Ottobre 2002

Un’ installazione site specific, nella recente collettiva curata da Roberto Daolio al Parco Cervi-Renzi di Rimini: per un artista che si esprime principalmente attraverso il video, com’è stato rapportarsi con l’ambiente del parco, con un intervento in cui mi sembra tu abbia allestito una sorta di set per girare un nuovo video….?
Sezione è uno spazio circolare creato da 13 cipressi, un modulo potenzialmente ripetibile che da un lato prende in esame l’architettura da giardino all’italiana dall’altro, attraverso la collaborazione con un ingegnere nucleare, si basa su una teoria numerica per cui tutto lo spazio piano nella sua minima e massima estensione è un numero che da 3 (triangolo) non arriva a 4 (cerchio pgreco 3,14).
Uno spazio autosufficiente in quanto concettualmente concluso come elemento di sospensione all’interno del parco. Successivamente ho girato parte di un progetto più articolato di cui è ancora prematuro parlare.

Il video diventa un mezzo attraverso cui sperimentare una dimensione performativa; per esempio, in lavori come “Equilibrio parallelo”(2001) o “Pensieri in sospensione”(2001) che ti vedono direttamente protagonista nel momento in cui ti inserisci in dimensioni ‘altre’, illusive e sospese, in spazi ricreati virtualmente: in questi casi, quanto è importante la tua presenza?
La mia presenza si pone come pietra di paragone tra i diversi piani che attraverso il lavoro metto in scena. Sono interessato all’idea di “confronto” ed in questo senso la dimensione performativa assume un significato “politico”, inteso come rapporto di relazione tra un obiettivo ed il modo in cui questo può essere raggiunto. La dimensione illusiva a cui fai riferimento è un luogo creato dalla memoria in “Pensieri in sospensione” o dalle strutture massmediali che governano la nostra percezione in“Equilibrio parallelo” o ancora un’architettura fortemente connotata come quella Sovietica a Berlino in “20’Livello”, comunque dimensioni legate al concetto di utopia.

In “Scarface”(2002) come sviluppi il concetto di ‘strategia’?
Sono molto interessato al meccanismo su cui si fondono i percorsi individuali o collettivi.
La strategia intesa come forma geometrica, organizzazione rispetto ad un punto di riferimento che può essere l’obiettivo o più semplicemente una reazione a catena in cui organizzare percorsi alternativi; viviamo tutti i giorni sovrapponendo le nostre strategie personali a quelle della collettività in cui siamo inseriti, a quelle derivanti dai massimi sistemi di controllo socio-politico-culturale. “Scarface” è un tentativo di crearsi il proprio spazio, di rubare quello dell’altro, di rompere equilibri preesistenti per crearne dei nuovi a loro volta demolibili. Un moto continuo che vive e funziona come nella vita di tutti i giorni proprio attraverso l’apparente cambiamento.

Il motivo dello specchio come modalità di accesso e della riflessione che genera altre situazioni, altre dilatazioni mentali e inganni visivi, per esempio in”Riflettendo-ci”(2001) ha un significato particolare?
Riflettendo-ci è un pomeriggio scandito da reclames televisive che si rivela una assuefazione in cui non ci è dato distinguere tra realtà e finzione. Vi è una forte simmetria di fondo, ogni elemento pare raddoppiato, così come la mia immagine riflessa in uno specchio che fino all’ultimo pare avere le sembianze di un monitor; tutto è rallentato, la tv in realtà è fuori campo, il tempo diventa infinito, la camera è fissa: questa sospensione potrebbe durare per sempre.

Come hai iniziato il tuo percorso artistico?
Le idee non sai da dove vengono e i progetti sono sempre dei lanci nel futuro che non sai realmente dove ti porteranno, è la tensione verso qualcosa, quella distanza in cui abita l’obbiettivo, il progetto che mi ha portato una mattina ad uscire di casa e spendere un mucchio di soldi per comprare tutto ciò di cui avrei avuto bisogno per realizzare ciò di cui avevo solo consciamente un’idea di massima.

In alcune dichiarazioni ripeti più volte di ‘essere ossessionato dall’idea di pittura’, in che senso?
Amo la pittura perché nella sua immobilità si rinnova sempre, è discreta perché la puoi vedere per caso senza decidere di guardarla, è un tempo infinito, uno spazio circolare che mi riporta mentalmente al loop; mi interessa l’idea di struttura, l’organizzazione dello spazio piano.

Che rilievo assume l’elemento hich-tech? L’aspetto tecnologico, inteso come padronanza completa del mezzo video e delle sue potenzialità, ha un ruolo predominante nei tuoi lavori o credi che anche con una tecnica stentata si possano produrre esperienze interessanti?
Io non credo che esistano tecniche high-tech o stentate, ogni lavoro ha il suo spazio di concretizzazione. Credo che sia importante avere coscienza di ciò che si sta facendo, il resto sono chiacchiere.

Oltre agli appuntamenti alla Sandretto Re Rebaudengo con la collettiva curata da Francesco Bonami e la personale da Minini a Brescia, conferme importantissime per un giovane emergente, quali sono i tuoi prossimi progetti?
Da poco mi sono ri-trasferito a Berlino, città di cui amo particolarmente l’architettura e l’idea di modulo… staremo a vedere…

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Assab One.La generazione emergente dell’arte in Italia
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http://www.gamtorino.it/
http://www.undo.net/assabone/
http://www.fondsrr.org/

Bio
Paolo Chiasera è nato a Bologna nel 1978, vive e lavora tra Bologna e Berlino.
Esposizioni personali, 2002, 20′ LIVELLO, Galleria d’Arte Moderna, Torino, a cura di E.Volpato.
Ha partecipato a numerose collettive, tra cui: 2001, L’Accademia in Stazione, Bologna, a cura di R.Daolio e M.Romano; Mostra di fine corso, Fondazione Antonio Ratti, a cura di G.Di Pietrantonio, A.Vettese; 2002, Galleria Laura Pecci, Milano; Assab One, Milano, a cura di L.Garbarino e R.Pinto; Oltre il giardino, Parco di Rimini, a cura di R.Daolio e F.Mezner; è attualmente in corso, Exit: Nuove geografie della creatività italiana, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, a cura di F.Bonami

elvira vannini

Exibinterviste-la giovane arte è un progetto editoriale a cura di paola capata

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