Iacopo Pinelli, Alterazioni spaziali, dimensioni variabili, cemento, metallo, vetro, lente d'ingrandimento, carta, matriale organico, 2025
Incastonata tra il massiccio della Majella e la catena del Sirente-Velino, la Valle Peligna si dispiega nel cuore dell’Abruzzo, come un verso di poesia. Qui, le acque gelide della Fonte d’Amore, riecheggiano l’identità liquida della valle e raccontano di una terra fertile, dove Ovidio, il poeta delle Metamorfosi, ha trovato ispirazione per i suoi versi più intensi. La sorgente, nel suo scorrere, non si limita ad attraversare lo spazio, bensì ne modella la fisionomia, riscrivendolo, come l’arte che da secoli abita questa terra.
La pittura peligna ha radici profonde che si intrecciano con la storia di Sulmona, città natale di Ovidio e culla di una scuola artistica, la Scuola di Sulmona, che ha saputo interpretare il paesaggio, la spiritualità e le tensioni del vivere con una voce propria.
È in questo contesto che nasceva, nel 1973, il Premio Sulmona, ideato dal Circolo d’Arte e Cultura Il Quadrivio. La manifestazione, oggi tra le più longeve del panorama artistico italiano, si propone come laboratorio del contemporaneo, offrendo uno spazio di confronto tra artisti affermati ed emergenti, consolidando così il legame tra la città e la sua vocazione culturale.
Longevità garantita da una certa capacità di rinnovamento: negli ultimi anni, infatti, il Premio Sulmona ha vissuto un’importante trasformazione, abbracciando, attraverso la visione curatoriale di Ivan D’Alberto, una dimensione più inclusiva e sperimentale, capace di aprirsi e dialogare con i linguaggi del contemporaneo.
La 52ma edizione del premio, inaugurata il 18 ottobre nel Teatro Maria Caniglia, conferma questa visione. Il tema scelto, To THINK – l’arte contamina lo spazio, invita a riflettere sul potere trasformativo dell’arte. Dissolto il confine tra contenuto e contenitore, lo spazio si fa corpo sensibile in continuità con l’opera e la percezione stratificata del visitatore. Il Complesso museale civico-diocesano di Santa Chiara, il complesso della SS. Annunziata, la Chiesa del Corpo di Cristo, i cortili interni di Palazzo Tabassi e le vetrine commerciali del centro storico di Sulmona sono alcuni dei luoghi coinvolti da questa contaminazione estetica, che ha visto la città trasformarsi in organismo vivo.
Suddiviso nelle sezioni Premio, Gallerie d’arte e Spazi indipendenti, Accademia, Territorio, Omaggio, Collaterali e Giornalismo, il Premio vede la giuria composta da Ivan D’Alberto, curatore della rassegna per il secondo anno consecutivo, Alessandro Monticelli, direttore artistico de Il Quadrivio, Roberto Sala, direttore editoriale della Rivista Segno, Giovanni Tavano, vicepresidente della Fondazione Summa, e da Luca Del Greco, in rappresentanza dell’Archivio Alfredo del Greco.
La Sezione Premio ha visto come vincitori Iacopo Pinelli, Giuseppe Negro e Domenico Ruccia. Alterazioni Spaziali di Iacopo Pinelli (primo classificato) mette in crisi il concetto di monumentalità del “fare” umano, svelando attraverso frammenti architettonici, tracce organiche e lenti d’ingrandimento, la scrittura silenziosa del tempo, dove la materia costruita e quella vivente si contaminano in una tensione tra permanenza e mutazione. Tempo di Giuseppe Negro (secondo classificato) si presenta come un reliquiario contemporaneo dove il legno bruciato e il ricamo su tela, fanno della memoria residuale, un gesto di resistenza poetica. Il tè nel deserto di Domenico Ruccia (terzo classificato), sussurra all’osservatore una narrazione pittorica sospesa, in cui il medium della pittura si fa spazio critico per una rilettura esistenziale del tempo.
Nella Sezione dedicata a gallerie e spazi indipendenti, il riconoscimento è andato a Oro Funesto, l’installazione ambientale di Sara Zanin proposta da TRAleVOLTE di Roma, dove le bucce di banana, cucite tra loro con del filo rosso, si fanno metafora di un’esistenza che trova nella propria vulnerabilità una forma inattesa di resistenza.
La Sezione Accademia ha premiato Non so fare altro che vivere, un dispositivo meccanico di Alessandro Franco, in grado di evocare il corpo e il suo desiderio irriducibile di esistere.
La Sezione Territorio ha valorizzato la scena regionale con la vittoria di Alessandro D’Aquila, in rappresentanza di /f urbä/ di Guardiagrele, presente con l’opera La dolcezza non ha nome, un intervento che intreccia memoria, territorio, accessibilità e sovverte le logiche della comunicazione, riconducendola attraverso il braille ad una dimensione tattile.
La Sezione Premi Speciali ha conferito un riconoscimento al lavoro di Federica Giulianini (Rivista d’Arte), Emilio Cavallini (Mostra Personale 2026) e Michele Montanaro (Premio della critica) autore dell’installazione site specific Iste ergo sum!/ Narcissus, dove il concetto di identità, evocato attraverso il mito di Narciso e l’utilizzo degli specchi, mostra il suo lato più fragile, suggerendo una condizione esistenziale in cui l’umano, misurandosi attraverso la propria visibilità, si consuma al contempo nella sua reiterazione.
Accanto alle sezioni competitive, il Premio ha proposto anche percorsi paralleli. La Sezione Omaggio ha reso tributo a tre figure emblematiche dell’arte abruzzese: Alfredo Del Greco, Elio Di Blasio e Franco Summa. La Sezione Collaterali ha coinvolto quattro artisti – Licia Galizia, Pasquale Oa, Annalaura di Luggo e Marco Mazzei – chiamati a intervenire direttamente nello spazio cittadino con opere site specific.
A chiudere la rassegna, il 9 novembre, Polemos-Narciso in fiamme, performance per viola, voce ed elettronica di Irida Gjergji.
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