Ha una distribuzione ancora limitata il trimestrale Drome, la cui redazione proviene dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma. La candida copertina, sulla quale campeggia Blue Conserving di Matteo Basilé, è però arrivata anche in alcune metropoli come Parigi e Berlino, New York e Rio de Janeiro. Lo staff, diretto da Rosanna Gangemi, si è avvalso di un nutrito gruppo di contributors, per un esordio che si è fatto notare. Una prima uscita intitolata That was then… this is now e un progetto che il “prélude” a firma della D crew illustra con arditezza filologica.
Apre le danze la sezione dedicata alla “trasformazione nell’arte”, con un doppio pezzo sulla food art photography di Vik Muniz e sulla traccia mnestica lasciata da Florencia Martinez su presine e strofinacci. Da segnalare uno stimolante articolo di Daniel Du Prie, che analizza Come to Daddy – Pappy Mix (1997) di Aphex Twin a partire dalla nozione di lexia elaborata da Roland Barthes. A fare da contraltare, la “trasformazine del corpo” contiene scritti dedicati a Orlan (Drome coprodurrà e distribuirà in Italia il Dvd Orlan, carnal art di Stephan Oriach) e un pezzo sul cinema di Sunya Tsukamoto. Infine, la “trasformazione urbana” viaggia da Messina a Genova passando per Roma, oltre a contenere un mini-saggio dell’antropologo Massimo Canevacci su Tokyo Decadence di Ryu Murakami.
La contaminazione non latita, anzi. Ne abbiamo parlato con Pierluigi Vacca: “L’obiettivo di Drome non è quello di stanare contaminazioni, piuttosto quello di creare al suo interno un linguaggio unico, nuovo e alternativo, grazie al quale sia possibile parlare di moda, di decorazioni di torte, di pittura astratta, di architettura, di motociclette, di videogiochi… grazie al quale non ci sia separazione tra arte ‘colta’ e tutto il resto”. Un approccio multidisciplinare si palesa nelle rubriche “fisse”, fra le quali spiccano
“Advvertenze” e “Dromatic”.
Raccontaci com’è nata Drome.
I suoi fondatori, guardandosi intorno, non trovavano in un’unica rivista stimoli e approfondimenti multidisciplinari e non allineati.
Siete però in buona compagnia, perché in Italia e all’estero ci sono realtà interessanti.
Stanno nascendo nuovi, audaci e indipendenti progetti editoriali, dal taglio e contenuto diverso dal nostro, ma degni d’attenzione. Mi riferisco, tra gli altri, a ZU, che speriamo torni presto in edicola, o al freepress Stirato. All’estero, Blast, Respect, Senso, Boiler… magazine di nicchia, intelligenti, magari socialmente impegnati (come Respect), estetizzanti e coraggiosi.
Nel complesso, una rivista che promette assai bene, aldilà delle sbavature fisiologiche dei numeri d’esordio. Perché, infatti, alcuni articoli sono tanto datati? L’intervista a Bugo, per esempio, nemmeno nomina l’uscita del nuovo album. Ma son peccati veniali, se non si è recidivi.
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marco enrico giacomelli
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