Due artisti che fondano una rivista. È una cosa che non succedeva da qualche anno… Il “sistema” vi pare asfittico? Il vostro “ruolo” vi sta stretto?
La necessità di creare “Brown” non nasce in contrapposizione o reazione a nulla, al contrario: lo stimolo è stato generato dall’osservazione di molte realtà non profit e spazi di progetto sparsi un po’ in tutta Europa, con i quali desideriamo rapportarci e creare un network. Stiamo assistendo a un momento particolare della storia dell’arte contemporanea: artisti e curatori si mettono in gioco in prima persona senza più una distinzione netta, come sarebbe avvenuto fino a poco tempo fa. Questa logica aperta evidenzia sempre più come la curatela diventi disciplina artistica a sé stante, al pari di tecniche quali la fotografia, la scultura o il disegno. Sarebbe un discorso molto ampio, ma riteniamo davvero sia questo il motivo che sta portando gli artisti a un maggior coinvolgimento e non tanto un rimescolamento dei ruoli. Il nostro impegno di artisti continua individualmente come prima, “Brown” è un progetto distinto.
La scelta di fare un prodotto che resta sul web è funzionale alla creazione di un network senza troppi oneri economici. Ma come vive “Brown”?
La rivista, il cui concept grafico è stato pensato da Paolo Gonzato, ha comunque due modi di essere consultata: online, tramite il sito www.brownmagazine.net in italiano e in inglese, ma anche in versione pdf stampabile, sempre al medesimo indirizzo. “Brown” è stato finora autofinanziato da noi e si è avvalso del contributo di persone vicine, che hanno messo a disposizione con entusiasmo le loro competenze tecniche per il sito, come Francesca Conchieri, e per la comunicazione e ufficio stampa, come Valentina Suma. La nostra non è una rivista classica, non è quello il nostro obiettivo. Dunque, non vi sarà alcuna raccolta di materiale pubblicitario. Piuttosto metteremo molta attenzione nella produzione degli accessori correlati al nostro brand e inoltre vi sarà una selezionatissima proposta di multipli di artisti internazionali. Settore, quest’ultimo, molto sottovalutato in Italia.
“Brown” è un luogo di approfondimento, una realtà aperta, una volontà di connessione e, in ultimo, il desiderio di analizzare quella parte di arte contemporanea prossima alla cultura popolare, alla spiritualità, all’alchimia e alla metafisica. Il format sarà basato prevalentemente sull’intervista, sia come forma più diretta di dialogo e ricerca, sia come posizione di scambio fra chi pone domande e chi risponde. “Brown” si avvarrà del contributo di curatori e artisti di diverse nazionalità. Oltre a una sezione dedicata in generale alla produzione artistica di vari autori, raccoglierà anche interviste specifiche su una sola opera, così come l’approfondimento su artisti del passato recente. Una particolare attenzione sarà riservata a tutte quelle realtà simili, spazi di progetto e non profit, collettivi curatoriali, con i quali vuole porsi idealmente in relazione.
Parliamo del primo numero…
La prima uscita conterrà una conversazione di Katia Anguelova con Seamus Farrell, un’intervista di Lorena Giuranna ad Alessandra Galbiati su Alik Cavaliere, con un’ampia selezione di scritti inediti dell’artista a cura di Lorena Giuranna e Luigi Presicce. Poi un’analisi di Caterina Riva sull’opera performativa di Joan Jonas, oltre a una prima mappatura degli spazi non profit in Europa. Inoltre, una conversazione tra Luca Francesconi e Olivier Babin sull’opera Los Angelus e un’intervista di Eleonora Battiston con Carol Lu e Pink Studio.
In una precedente occasione avete parlato di opera -e artista- come valore assoluto. In una società che, volenti o nolenti, si basa sul valore di scambio come la mettiamo?
Non ne vediamo l’antitesi. Approfondire tematiche dell’arte legate alla spiritualità ci sembra la miglior piattaforma per iniziare quel dialogo, quello scambio che ci siamo prefissi verso tutte le realtà non profit. Il nostro obiettivo di crearne un network è di lungo periodo, noi due abbiamo iniziato con molta umiltà, e con altrettanta cercheremo di procedere. Anche ora che la squadra è più ampia!
Arte contemporanea e spiritualità: non temete l’affrettato incasellamento nelle esperienze che per semplicità possiamo definire “New Age”?
La “New Age” è un fenomeno sincretico e generalista abbastanza superato, molto più legato agli anni ’60 e ’70. La spiritualità è un tema ampio e a nostro avviso estremamente attuale nella dialettica contemporanea, con una ritrovata attenzione verso l’arte popolare. Basta leggere il primo numero e dare un’occhiata al sommario per capire che l’impostazione editoriale ha un respiro più ampio e aggiornato.
articoli correlati
Luca Francesconi da Marella a Milano
Luigi Presicce all’a+m bookstore di Milano
a cura di marco enrico giacomelli
[exibart]
Sulle note di All I Want for Christmas Is You di Mariah Carey o di Last Christmas, ma anche dell’intramontabile…
Fino al 6 gennaio 2026, il percorso esplora tradizioni, abiti delle feste e presepi di tutta Italia. Inaugurata anche La…
A dieci anni dalla morte e a 50 dalla Biennale del ‘76, Leonforte celebra Salvo con una targa nel luogo…
Il vincitore del Premio Milano Drawing Week 2025 porta la sua ricerca messicana in dialogo con Renato Guttuso da ArtNoble…
Al CIAC di Foligno un’ampia mostra celebra i 90 anni di Valerio Adami, mettendo in evidenza quella dimensione del sacro…
Tra rampe, laboratori e un ecosistema culturale in metamorfosi, il Grand Egyptian Museum diventa il cuore pulsante di una nuova…
Visualizza commenti
Si dice 'NO profit, comunque...
concordo con giacomelli
Caro John,
si dice NON profit perché profit è un termine latino. Dunque per quale ragione si direbbe NO? Al limite, se proprio vuoi passare per anglofono, devi dire NOT profit.
Saluti marroni,
Yo!
G.