Categorie: restauri

17 maggio 1999 | Venere in restauro | Firenze: Galleria Palatina |

di - 18 Maggio 1999

]Tre dipinti ispirati, non a caso, al tema della bellezza (e di Venere, in particolare) che ancora per una settimana potranno essere ammirati alla Galleria Palatina (Palazzo Pitti) Firenze.
Un’ occasione da non perdere per tutta una serie di buoni motivi.
Innanzitutto, perché si tratta di tre capolavori assoluti dipinti da tre maestri di chiara fama e di indiscusso talento (Tiziano, Giovanni da San Giovanni e Tintoretto); in secondo luogo, perché si tratta di quadri che affascinano per la luce di bellezza eterna che riescono ancora ad emanare; terzo, perché la mostra permette di verificare le potenzialità delle tecniche di restauro più avanzate, confrontandole con quanto accadeva in un passato anche recente.
E’ grazie a quelle diavolerie che abbiamo elencato all’inizio che «Venere Vulcano ed Amore» (Tintoretto), «Venere che pettina Amore» (Giovanni da San Giovanni) e «Rittratto di signora» (Tiziano) possono essere ammiarti liberi dalla patina prodotta dagli anni accumulatisi e dai restauri effettuati con tecniche sbagliate.
Un’ occasione, inoltre, per sollecitare altri interventi di questo tipo: il patrimonio della ritrattistica italiana è talmente sconfinato che, anche se ci si riferisce solo a quianto esposto nella galleria Palatina, sarebbe da auspicare decine e decine di intreventi del genere.
Certo non si può pensare che per tutti sia possibile farlo, ma certo la strada delle sponsorizzazione di privati, può essere un mezzo per incrementare le risorse (assai scarse) che lo Stato destina alla salvaguardia dei suoi capolavori artistici.

Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, dipinse «Venere, Vulcano ed amore» poco dopo il 1250 a Venezia, per un committente (di cui non si è conservato il nome) che scelsa un’intrepretazione abbastanza singolare di un tema mitologico assai diffuso nell’iconografia di quel periodo. Probabilmente si trattava della decorazione di una camera da letto, e questo spiega l’atmosfera «familare», intima, del dipinto; con Venere e Vulcano che vezzeggiano un piccolo Cupido, quasi foseero un padre ed una madra alle prese con il loro ultimo nato. Aquistato nel XVII secolo da Carlo De’ Medici, all’inizio dell’Ottocento fu per la Galleria che i Granduchi Asburgo-Lorena volero allestire a Palazzo Pitti.
Il Dipinto, di Giovanni da San Giovanni (Giovanni Mannozzi) «Venere che pettina Amore» o anche «Le cure materne» è quel che si dice una reintrepretazione geniale del tema classico Venere-Cupido. Qui la scena prende le forme di un quadretto idilliaco-bucilico con divagazioni: la Venere è una giovane Zigana, Cupido un piccolo bambino nudo (con le alette alle scapole) che, appoggiato sulle gambe della donna, si fa placidamente pettinare I riccioli.
Con «Ritratto di Signora» (detto «La bella di Tiziano») il celebre pittore veneziano raffigura probabilmente un canone della bellezza Cinquecentesca. Un volto non riferibile ad alcun personaggio storicamente determinato (negli anni sono state scartate diverse identificazioni come quella con Eleonora Gonzaga, o con Isabella d’Este, marchesa di Mantova); un «tipo» che riproduce un ideale astratto, capace di coinvolgere emotivamente ancora oggi il pubblico degli amanti dell’arte.
Sulle due tele di Tintoretto e Giovanni da San Giovanni, il restauro è stato eseguito da Lucia ed Andrea Dori (L’Officina del Restauro-Firenze); le indagini diagnostiche sul dipinto di Tiziano sono state condotte da Cristina Massari e Teobaldo Pasquali (Panart-Firenze).




L’esposizione dal titolo «Venere in Restauro» è aperta fino al 23 maggio, alla Sala delle Nicchie, presso la Galleria Palatina (Palazzo Pitti)

Domenico Guarino

[exibart]

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