All’origine della mostra sulla mitica fondazione di Roma ci sono gli eccezionali ritrovamenti archeologici delle pendici settentrionali del Palatino, venuti alla luce grazie alla campagna di scavi condotta da Andrea Carandini negli anni ‘90. Si tratta dei resti di un muro e di una porta databili alla metà dell’VIII secolo a.C. (lo stesso della nascita di Roma), proprio là dove, secondo le fonti antiche, doveva sorgere il pomerio tracciato da Romolo al momento della fondazione della città. Il percorso espositivo culmina infatti nella grande aula scoperta con la ricostruzione a grandezza naturale della Porta Mugonia, valorizzata dall’evocativa ambientazione nelle Terme di Diocleziano. Ma andiamo per ordine: la mostra si articola in tre sezioni fondamentali, ciascuna dedicata ad una città. La prima è Lavinio, l’antico centro del Latium Vetus, dove approdò, dopo la fuga da Troia, il più celebrato degli eroi di Roma, il pio Enea. La sua vicenda è illustrata dalla ricca statuaria in terracotta rivenuta presso il cosiddetto Santuario orientale di Lavinio, dalle ceramiche dipinte del V-IV sec. a.C., da rilievi in marmo, da plastici e cartine, nonché da una serie di pannelli che riportano le diverse versioni della leggenda tramandate dagli storici antichi. Scientifica e puntuale la narrazione del mito prosegue nella seconda sezione della mostra, dedicata ad Alba Longa, la città che riceve, per sette mesi l’anno, le prime luci dell’alba. E’ qui che Ascanio, figlio di Enea, e Silvio, il suo fratellastro, proseguirono a regnare sui Latini in nome del celebratissimo padre, ed è qui che si ambienta la “lacuna mitica” della leggenda: quale discendenza collega Romolo e Remo ai loro divini progenitori? La risposta al quesito è fornita attraverso la coroplastica e le suppellettili in bronzo rinvenute nella città, ed attraverso le immancabili “voci” degli storici. E poiché non c’è lacuna che possa resistere al mito, senza esitazioni, la narrazione conduce a Rea Silvia, madre dei gemelli capitolini, ed alla fondazione dell’Urbe. La leggenda rivive nei plastici, nei pannelli illustrativi, e nelle preziose suppellettili della terza sezione, che offre inoltre un interessante confronto tra il mito di Roma e quelli della fondazione di altre grandi città, da parte di altrettanto mitici fondatori. Il perno di questa sezione è, come si accennava, la ricostruzione su scala reale della Porta Mugonia, i cui resti sono stati rintracciati sulle pendici del Palatino.
Un unico appunto rimane a quindi da fare alla grande mostra promossa dalla Soprintendenza Archeologica e dalla Soprintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”: perché nessuno ha pensato a tradurre i pannelli in inglese? E’ una domanda che purtroppo affliggerà tanti visitatori stranieri…
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Caro checco, fai leggere questo articolo a mamma (so che le interessa l'argomento. Scusa se utilizzo la tua e-m.
Ciao ciao. (sempre forza salernitana).