A rassegna conclusa Rubino Rubini, -regista e direttore artistico- lo ha definito, in virtù del successo ottenuto e della qualità dei filmati presentati, “il più importante festival di questo genere che si tiene al mondo” col compiacimento e l’orgoglio di chi in futuro si propone di sorpassare presto – in una sede italiana giustamente più appropriata e consona al tema di quella estera – il concorrente gemello canadese, che vanta una attività ventennale.
Forse la cifra dichiarata con accento entusiasta dal direttore artistico -40mila presenze compresa la serata inaugurale all’Auditorium- ardua da calcolare non essendoci biglietteria è da decurtare di uno zero. Ciò non toglie assolutamente nulla all’importanza dell’iniziativa, che pur ha avuto un buon riscontro di pubblico specialmente la sera e durante il fine settimana e che tutti ci auguriamo diventi un appuntamento ricorrente nel panorama culturale italiano.
Non dimentichiamoci che è un festival appena nato e che il pubblico italiano interessato a forme divulgative dell’arte, oltre le mostre e luoghi di interesse storico-artistico, si calcola sia fra il 5% e il 6% dell’intera nazione. La forma filmistica è quella di più facile fruizione – questo naturalmente concerne anche l’auspicata diffusione in tv – ed è la più adatta a stimolare l’avvicinamento e la conoscenza in prima persona dell’opera d’arte originale. Promuovere lo sviluppo della documentaristica d’arte è una vera e propria operazione culturale a effetto vasto e prolungato, dove coltivare una élite significa anche darle la possibilità di accrescimento futuro.
Nel festival romano durato una settimana un pubblico molto appassionato -e con pochi impegni di lavoro- può aver visto un certo numero di film, diciamo una trentina, scegliendoli fra i propri interessi, fra i nomi più noti o i luoghi più belli, o semplicemente per rivivere le emozioni di una mostra vista in mezzo a troppa gente ed avere la possibilità di vedere un opera più da vicino e con maggiore tranquillità. Tra i filmati in concorso di tipo tradizionale, sono da segnalare per il grande interesse documentaristico e la particolare cura e armonia complessiva, il filmato sulla Cappella degli Scrovegni a Padova, che descrive in modo estremamente accessibile ed agevole la storia di Cristo dipinta da Giotto; il film su e con Chagall, quello su Hokusai, senza dimenticare il documentario su Jackson Pollock girato nella casa-museo a East Hampton e il bellissimo film su Alberto Giacometti, a conferma che la tipologia di documentario d’arte più attraente è quella che riprende l’artista al lavoro mentre cerca di raccontare se stesso o come nasce un’opera.
Fra i filmati storici presentati nella rassegna collaterale Filmare l’arte di grande interesse quello su Severini del 1974 e quello su Michelangelo di Carlo Ludovico Raggianti, pur con i limiti della sua epoca (è del 1964), evidenti nel tono roboante del narratore e nel testo incentrato sull’analisi stilistica dell’opera.
Molte le opere premiate. Applaudito all’unanimità Lo sguardo di Michelangelo di Michelangelo Antonioni film di 15 minuti fuori concorso che merita un discorso a parte perché surclassa tutti i documentari presentati e dona allo spettatore un’impressione molto forte. La possanza della scultura di Michelangelo lascia ammutolito persino il regista novantaduenne, che nel film si rappresenta come un piccolo e umile uomo, che scruta, indaga il viso del pontefice Giulio II, gli occhi accigliati di Mosè, la mano inanellata alla barba, le pieghe delle vesti e sente il bisogno di toccare le superfici, come capita a tutti noi. Il silenzio che pervade il film rappresenta il privilegio di godere l’opera come un fatto intimo, in una profondità interiore che mescola intensa emozione e riflessione.
Tornando al Festival la documentaristica presentata ha certamente sconfinato nel cinema e nella videoart, forse portando anche un po’ di vivacità e se non altro di diversità. Ha sicuramente stimolato gli addetti ai lavori, nella speranza che l’abilità dei registi -che qui sembrano aver preso un po’ la mano- si avvalga anche dei consigli degli storici dell’arte. Per creare del nuovo -dal punto di vista quantitativo- visto che la nuova legge sui Beni Culturali sovvenziona questo genere: vincendo la noia, sì, ma rimanendo al servizio dell’arte senza troppo interpretare.
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