Ghiacci disciolti, banchi di nebbia sospesi, paesaggi invernali dagli orizzonti segnati da foreste o pareti scoscese: sono queste le immagini che evocano le opere di
Paolo Picozza (Latina, 1970; vive a Roma) in mostra nella galleria di Fabio Sargentini. Il margine di interpretazione resta comunque ampio e il visitatore, davanti a questi acrilici di grande formato, ha bisogno di tempo per leggerli. L’impatto visivo è tale da provocare in ognuno sensazioni completamente diverse.
Le tele, realizzate in sei mesi, sono paesaggi in bianco e nero molto contrastati, duri, dove la natura è stretta nella morsa del gelo, dove non compare mai il sole. Ma la loro rappresentazione è talmente rarefatta che si può perdere il riferimento figurativo per approdare a una nuova pittura astratta: “
Paesaggi epifanici, apparizioni di un altrove sospettato e subliminale”, scrive Achille Bonito Oliva. “
Alcune serie di velature sembrano proteggere l’immagine e nasconderla a uno sguardo esplicito”.
È un modo di dipingere fisico, gestuale quello di quest’artista che opera senza l’aiuto di assistenti, nonostante la grandezza delle tele, e che crea le proprie opere con ampie pennellate orizzontali che attraversano la tela e con altre verticali più contratte. Solo in un lavoro fra quelli esposti, che segna il passaggio a questi nuovi temi, compare ancora il bitume, materia generalmente usata nella pittura classica per la preparazione delle tele e che Picozza usa in modo del tutto personale: una sostanza primaria che ha caratterizzato per anni la sua attività e con la quale ha dato vita a volumi materici dal forte impatto visivo.
Picozza è un artista poliedrico. Come pittore ha tenuto la sua prima personale,
Similpelle, nel 1994 alla galleria Ferro di Cavallo di Roma ; mostra che riscosse un tale successo da portarlo a Berlino dopo soli pochi mesi, dove spesso ha poi lavorato. Nel 1996 ha collaborato con i suoi disegni al film
I colori del diavolo di
Alain Jessua. Oltre a ciò, Picozza ha al suo attivo anche un’attività di illustratore e fumettista.
Sargentini ne ha seguito con interesse il lavoro, frequentando lo studio suo e di
Giuseppe Capitano e
Matteo Montani. Per cercare di creare a Roma un gruppo di artisti che possa raccogliere il testimone di quelli della scuola di San Lorenzo ormai assurta a fama internazionale: “
L’idea”, spiega lo stesso Sargentini, “
è quella di realizzare oggi delle mostre con artisti seriamente impegnati, che abbiano un approccio alla pittura vissuto in termini esistenziali e che siano dotati di notevole capacità tecnica e forza espressiva”. Restiamo in attesa degli sviluppi.
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in effetti picozza necessaria per scalare montagne di Kiaccio