Alla prima occhiata non lo diresti mai. Piccoli cubi animati che guizzano dallo schermo, plastici di simulazioni di atterraggio, parole e cifre che appartengono ad un linguaggio incomprensibile, vasetti che contengono frammenti di pelle accuratamente catalogati.
Tutto sembra rimandare a quegli stani giochi d’infanzia, in cui ci si fingeva scienziati alle prese con strane creature extraterrestri. Eppure la ricerca di Andrea Melloni (Reggio Emilia, 1975. Vive a Berlino) è quanto di più serio ed accurato sia capitato di incontrare negli ultimi tempi. Nello studio di questi piccoli esserini cubici il giovane artista ci si è buttato anima e corpo, trasformando le sue fantasie, le sue apparentemente innocue ossessioni in una particolarissima quanto affascinante forma artistica, il cui ferreo rigore scientifico si stempera nel gusto accattivante della forma, dei materiali, della narrazione.
Questi piccoli organismi sconosciuti sembrano appartenere per metonìmia come afferma lo stesso Melloni, al corpo dell’artista, con il quale condividono organi (la pelle) e nome (amellonia cubitaria, cubide amellare).
Convinto sperimentatore del Docufiction (genere filmico a metà tra il documentario stile CNN e lo spot pubblicitario), Melloni è un filmaker divertito ed autoironico, attento alla più piccola sfumatura interpretativa: in uno dei suoi più recenti video, Amellonia.doc, la voce incalzante di David Riondino espone in un compassato inglese la genesi e la propagazione della specie aliena cubiforme sulle coste adriatiche e nella città di Rimini. Il passo successivo lo si può constatare in Cubide Amellare #1 impact (video ed installazione esposta in questi giorni presso la videogalleria El Aleph, personale a cura di Mariacristina Bastante) in cui al ritmo di una trascinante musica elettronica, si è
Difficile capire dove finisca la finzione ed inizi la realtà nelle opere di Andrea Melloni. Forse è persino inutile tentare di farlo. Gli studi filosofici, i campioni in vitro, le diciture dal sapore scientifico, tutto è costruito con indubbia abilità, nella piena convinzione della fattibilità dell’esistenza. Non dobbiamo far altro che crederci.
paola capata
mostra vista il 15 maggio 2003
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