Indagine,
Tu morte es mi vida9.7, 1.2.3.11.6, 5.4, 12.13, 14.15.10.8,
Se tu mi trovi da me. Sono diverse le titolazioni che fanno capo all’opera in mostra di
Octavio Floreal (Las Palmas de Gran Canaria, 1966; vive a Las Palmas, Roma e Anversa).
Si tratta di uno slittamento progressivo tra significanti. Sarebbe inopportuno sottrarre alla semiotica ulteriori termini, perché in realtà l’opera dell’artista berbero si presta a una presa visiva più che concettuale. Per questo parliamo di significanti, laddove sono prima di tutto forma ed espressione e, nel caso di Floreal, impronte grafiche o minuscole figurine, disegnate in grafite o punta d’argento. Una figura che si ripete sulla superficie e si lega alle altre, di analogo taglio e diversa rappresentazione: scarabocchi impenitenti che si sovrastano, si coagulano e vengono nuovamente incisi con le medesime figure.
La galleria offre un allestimento regolare: a destra come a sinistra, il visitatore è immediatamente invitato a porsi innanzi alle tele e a sostenerne frontalmente lo sguardo, avvicinandosi per tentare di decifrare la natura delle forme. Quelli che appaiono sciami o nuvole nere sul bianco di fondo non sono un vezzo grafico tratto dai software di rappresentazione delle teorie dei grafi, bensì elementi visivi affastellati, accumulati, che pesano sulla tela e le donano ulteriori strati, in progressione virtualmente infinita.
Sono livelli su cui l’artista torna a incidere, prima con uno strumento e poi con un altro. Una manualità ossessiva che il digitale non ammetterebbe. Il riferimento frequente è alla memoria, al suo perdere le fattezze originarie perché ridisegnata dai ricordi recenti; di qui la stratificazione dei livelli.
Al piano superiore, l’astuzia grafica gioca con la bidimensionalità della tela, a prescindere dal suo formato. L’opera di Floreal tenta anzi di estendersi lungo la linea dello sguardo dal visitatore al quadro, stratificando la rappresentazione e ingannando l’occhio a distanza.
Il piano sotterraneo, invece, lascia che le linee si liberino, operando in una terza dimensione. Il site specific consiste nel recupero delle figure suddette, ricostruite però col fil di ferro in diversi colori – simulando i vari strumenti che hanno operato sulla tela – e appese a fili invisibili, al centro della sala o aderenti alle pareti. La luce soffusa, dal basso, proietta a sua volta un gioco di ombre che disorienta il percorso visivo e raddoppia la moltitudine dei segni.
In conclusione ne scaturisce un incastro di umori: l’ironia dell’indagine, che sembra più una scommessa, si svolge al piano superiore, mentre a quello inferiore si preferisce lo stupore, la sorpresa che devia la razionalità dell’indagine. Una razionalità che risulterebbe troppo costrittiva per Floreal. Il progetto curatoriale asseconda l’istanza creativa e a sua volta si lascia coinvolgere, lasciando un comunicato stampa che è un anagramma.