Una mostra che nasce dall’esigenza di parlare dell’uomo contemporaneo e dei comportamenti sociali che tendono sempre più ad eludere il bisogno di sincerità e onestà di sentimenti. Due artiste a confronto, Laura Palmieri (Napoli 1967, vive a Roma) e Valeria Molaioli (Roma 1970, vive tra Foligno e Roma), accarezzano il fragile tema delle introspezioni, producendo risultati opposti seppur inaspettatamente complementari. Esortate dalla curatrice, Virginia Villari, entrambe hanno ripercorso i difficili meandri della propria intimità e identità, alla ricerca dell’elemento tangibile che potesse esemplificarne lo stato di fatto.
Attraverso il vissuto personale e il sentimento che anima questo particolare momento della loro vita, le due artiste hanno identificato il proprio sentire contingente con l’opera prodotta, traducendone l’osmosi. Laura Palmieri presenta infatti Cuori di Vetro, (titolo tratto dal film omonimo di Herzog ispirato al libro Die Stunde des Todes di Herbert Achternbusch), una nuvola di fotografie digitali stampate a plotter su slide plastificato che pendono sospese e fluttuanti con fili trasparenti dal soffitto nello spazio antistante la porta. Un evento autobiografico, come la perdita di un affetto caro, quello paterno, conduce l’artista a rielaborare il proprio sguardo lacerato sul mondo rendendolo palpabile. Un modo di vedere oltre la realtà apparente delle cose, attraverso le pieghe nascoste dell’impercettibile quotidiano. La Palmieri si trova così a sondare il proprio terreno emotivo, fatto di dolore e di crepe, trovando espressione e conforto in quel vetro frantumato e fragile, fotografato nelle strade del proprio quartiere. La riflessione sul cuore come organo che, per la sua effimera fragilità, necessita più degli altri di protezione, trasforma metaforicamente il suo pulsare in un pugno di cristallo che può facilmente indurirsi e perdersi in mille pezzi. “Il dolore si presenta e ci colpisce sempre con una strana forma creativa, nuova” spiega la Palmieri nel catalogo. Insieme all’installazione l’artista presenta una lente contafili, la cui funzione è quella di sgranare la trama di una stoffa per vederne la tessitura.
Al contrario, il lavoro di Valeria Molaioli si condensa materico e presente in tutta la sua vitalità propulsiva. Un albero genealogico che avvolge lo spazio divorandolo ludicamente e che sfiora visivamente la chioma di vetro della Palmieri divenendone complice in una nuova visione consolatrice. Un’opera site specific che gioca con la materialità gommosa degli elementi, che sembrano vivi e in procinto di assorbire le energie della terra. “Mentre Laura ha messo nella sua opera il suo momento di cuore spezzato, di delusioni, io invece, dato che il mio è un momento di madre (da cui il nome dell’opera), un momento bello, profondo, in cui mi nutro di queste due presenze nuove che sono le mie figlie, ho pensato di abbinare il mio lavoro, che è una ricerca dei materiali e di tutto ciò che è tangibile, con la ricerca delle origini che mio zio Angelo Molaioli ha condotto nel suo libro su Cetona e sulle genealogie della famiglia.”
Partendo da uno studio sugli alberi genealogici fatti di tarsie marmoree e mosaici presenti nelle chiese, la Molaioli ne ha riadattato il concetto a uno stile moderno usando tappeti colorati e gomma. Il risultato è un effetto scenografico che richiama la sua abilità di decoratrice di interni. Come inscindibile momento di memoria è esposto incorniciato una parte del libro da cui è tratta la storia della sua famiglia.
Vita e morte si equivalgono dunque nei lavori delle due artiste, come componenti inseparabili seppur antitetiche di uno stesso organismo pulsante. Sofferenza per il padre perduto e gioia nel divenire madre: un ciclo che continua.
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