Seduto nei pressi del fronte, ormai anziano ma ancora in divisa militare mentre schizza a carboncino su un foglio: così una fotografia dell’epoca ritrae l’artista Giulio Aristide Sartorio .
Natura tenacemente patriottica, quella di Sartorio, al punto di partire volontario per dipingere la guerra. I suoi colori sono vivi e brillanti soprattutto negli oli, dove la linea filamentosa – debitrice del Divisionismo – balugina qua e là di luce, descrivendo campagne silenti (soggetto trattato anche nelle incisioni poste all’inizio della visita), distese d’acqua apparentemente placide, soldati appostati.
Ogni situazione da lui documentata sembra presagire un pericolo imminente, ogni opera parla di precarietà, di un senso di angoscia e paura che mai abbandona, difficilmente comprensibile per chi non l’ha vissuto. Ma Sartorio è stato soldato ed ha provato tutti questi disagi.
Per scoprirlo basta osservare i suoi quadri: tratti veloci, aggrovigliati e sinuosi (sì proprio come nel più tranquillizzante design liberty), connotati referenziali riconoscibili eppure quasi cancellati, come nell’urgenza di trasmettere il messaggio in una condizione di incertezza. Impossibile lasciarsi sfuggire il forte senso di partecipazione, di solidarietà che l’artista ha per i suoi compagni più giovani .
Il percorso, attraverso bianchi pannelli mobili, offre al visitatore un buona scelta di tecniche adoperate – spesso combinandole insieme – da Sartorio: sotto molte tele sono presenti le fotografie dell’epoca da cui egli trae spunto per i suoi lavori. E’ evidente come Sartorio mantenga il taglio fotografico nelle sue opere, scomponendo però i soggetti in miriadi di segni sottili e lucenti. Anche nel carboncino, nel pastello e nella tempera si riscontra questa tecnica che sembra eseguita di getto per captare in maniera emozionata quelle che sono appunto
Una documentazione dettagliata, questa di Sartorio, potremmo definirla un reportage pittorico. Si riscontra un’estrema precisione oltre che nella fedeltà quasi letterale al modello fotografico, anche nell’elaborazione dei titoli, posti come un’iscrizione sul fronte stesso della tela: definiscono in maniera minuziosa l’istante esatto a cui si riferisce l’immagine.
Il visitatore che si lascerà irretire dalla bellezza del tratto e del colore squillante, dopo un certo lasso di tempo, dimenticherà quasi che si tratta di scene belliche e rimarrà sedotto solo dal fascino della materia: magari, osservando l’Attacco aereo di Venezia noterà esclusivamente l’incanto del monocromo di acqua e cielo percorso da fasci di luce che si incontrano all’orizzonte. E forse quello stesso visitatore ignorerà anche le discutibili motivazioni che hanno portato questa stessa mostra dalla Camera dei Deputati alla galleria di Latina. Ma non è il caso di parlare di ciò in questa sede, anche per non rovinare il piacere di un’eventuale visita.
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