In una società globalizzata, dove tutto tende alla standardizzazione e alla disumanizzazione imposta dalla tecnica, dove le pratiche visive privilegiano installazioni più o meno spettacolari chiamate a stravolgere la sensibilità o la percezione dello spettatore o che invece tendono ad amalgamarsi nella rete virtuale, la rassegna Il senso quotidiano dello sguardo intende palesare la valenza ancora efficace della pittura come mezzo espressivo. In questo senso, se si accetta la teoria dell’eterno ritorno nietzschiano applicato alla storia dell’arte, sembra che il panorama artistico stia assistendo ad un ennesimo rimbalzo della pittura, confermato ad esempio dall’ultimo Turner Prize, vinto dall’astrattista Tomma Abts.
Così, la giovane galleria romana, dopo la personale di Angelo Bellobono, continua mettendo a confronto in questa rassegna tre esperienze diverse, tutte legate all’uso del tradizionale pennello, cominciando con Nicola Rotiroti (Catanzaro, 1973), primo appuntamento di una serie che vedrà nei prossimi mesi i frammenti metropolitani di Gianpaolo Rabito e l’asfalto tratteggiato di Oriana Ubaldi.
Nella mostra d’esordio, l’artista calabrese presenta dieci lavori di grande formato realizzati con la tecnica classica dell’olio su tela. Attraverso un linguaggio figurativo caratterizzato da un taglio fotografico decisamente contemporaneo, esamina lentamente e con perizia tecnica diverse situazioni percettive in uno stato di alterazione fisica. L’elemento perturbante è l’acqua, dove i natanti assumono un senso simbolico di precarietà e disequilibrio, sia fisico che mentale. Se ad una prima analisi sembrano semplici fotogrammi di una banale quotidianità, subito dopo viene intesa una seconda chiave di lettura, ribadita dai titoli in dialetto in cui, come osserva il curatore Lorenzo Canova, “un senso di sfuggente minaccia si addensa sulle figure collocate in una zona sospesa, un mondo subacqueo che potrebbe evocare la regione sotterranea dell’inconscio o mettere in allarme lo spettatore annunciando indirettamente eventi sconosciuti e imminenti”.
In questo modo il corpo in primo piano, con i suoi movimenti e i suoi dettagli, diventa il vero protagonista delle opere, attraverso istanti catturati in insolite inquadrature che rivelano anche risvolti psicologici vincolati all’angoscia provocata sull’uomo dall’ambiente. Come un pesce fuor d’acqua che stenta a respirare in un mondo tecnocratico…
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