In quella foto – che si chiama Il signore degli uccelli – c’è solo un cielo bianco, gli uccelli in volo e un uomo tagliato poco più sotto delle spalle.
L’immagine scattata da Graciela Iturbide (Messico, 1942) forse è diventata una specie di altro simbolo per FotoGrafia – I Festival di Roma (la foto della locandina della manifestazione è di Paul Fusco), è stata moltiplicata a corredo di articoli, recensioni, riprodotta sulla copertina del catalogo, negli inviti per l’inaugurazione ufficiale dell’evento… eppure sembra non aver mai rischiato di diventare invisibile, come
Con Miguel Alvarez Bravo (in questi giorni le foto del maestro messicano sono esposte su un improbabile fondo giallo-taxi a Palazzo delle Esposizioni, in una mostra da vedere a dispetto e nonostante l’allestimento…), di cui è stata allieva e assistente, ha – forse – in comune il sentore di sogno, di un qualcosa che ammutolisce i sensi, che appaga e placa l’inesorabile sistemadi lettura, quando troppo spesso si accontenta di smontare l’immagine; il divergere ci sembra si collochi dove nelle
La mostra, allestita presso il Museo Andersen (la cura Sibylle Pieyre de Mandiargues, in uno degli spazi che quest’anno è riuscito ad ospitare tra le mostre più interessanti in città), presenta una selezione di immagini, in cui forse non è importante rintracciare una possibile serie o una lettura cronologica; la Iturbide ha fotografato persone – gli abitanti di Juchitan – case, animali, cactus, intrecci di rami, solchi nel terreno.
Ed è nella distesa chiarissima, o tempestosa, vuota, o colma di nuvole, o annerita dalla tempesta o attraversata dagli uccelli, che si fermano per un po’ gli occhi di chi è dall’altra parte, spettatore.
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maria cristina bastante
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Le foto sono belle.