Cemento, cocci di bottiglia acuminati come lame e un titolo da girone infernale. Forest of suicides è l’installazione pensata da Kendell Geers (Johannesburg, 1968: anno in cui l’artista ha scelto –programmaticamente- di spostare la sua data di nascita) -alla sua prima personale in un museo italiano- per una delle Sale Panorama del MACRO: una struttura minimale (corridoi rettilinei, angoli perfettamente ortogonali), costruita con materiali poveri o di rifiuto –cifra abbastanza caratteristica dell’artista- e con l’intento –almeno nelle intenzioni- fortemente provocatorio. Chi attraversa questo labirinto si muove lentamente, sorvegliato da una selva di vetri che sporgono; l’impressione è quella di un copione già scritto: se ci si appoggia, se non si calcolano bene le distanze si rischia di essere feriti dai frammenti taglienti, tutto sommato un pericolo dichiarato, evidente. Ma non per questo la pantomima della paura, dell’incertezza e del dolore funziona di meno.
Eppure nonostante l’impatto sia certamente suggestivo (atmosfera asettica, cemento chiaro, cocci brillanti e minacciosi) Forest of suicides lascia un fondo di perplessità, come se i conti non tornassero fino in fondo. Sarà –forse- perché è impossibile non farsi venire in mente Mondo Kane (2002), cubo semplice –e dichiaratamente inutile– anche lui irto di cocci (del resto la bottiglia rotta è ricorrente nella poetica di Geers, che l’ha scelta anche come autoritratto, nel 1995), dalla presenza scenica perfettamente calibrata. Un nucleo inavvicinabile, un’entità trascurabile e pericolosa. In Mondo Kane l’effetto era catalizzato da una sintesi estrema e inesorabile; nel caso della foresta alla sensazione procrastinata di pericolo latente fa da contraltare il rischio che proprio questa sensazione risulti diluita. Come dire, manierata.
L’altra Sala Panorama ospita invece l’installazione video di Sarah Ciracì (Grottaglie, 1972). Di ritorno da New York (dove ha soggiornato un semestre, vincitrice del New York Prize assegnato dal Ministreo degli Affari Esteri) l’artista pugliese è rimasta fedele alle consuete tematiche ispirate a romanzi e film di fantascienza ed è proprio l’immaginario cinematografico a fornire –nel vero senso della parola- il materiale per Oh my Godi s full of stars. Dodici proiezioni video ricostruiscono l’interno di una navicella spaziale, come una serie di possibili prospettive costantemente aperte lungo le pareti della sala; il sonoro è affidato a parti di dialoghi tratti da una serie di film, tra i più celebri: montate in successione, ricostruiscono le tappe di un metaforico viaggio, fino alla veduta conclusiva di un cielo scintillante di miriadi di costellazioni. Impossibile non riconoscere brani di 2001: Odissea nello Spazio, da cui provengono anche la maggior parte delle immagini proiettate: le atmosfere algide del film di Kubrick costituiscono un riferimento abbastanza costante nelle opere di Sarah Ciracì. Peccato che il risultato –nonostante lo sfoggio di mezzi e le premesse- sia un poco deludente, come se qualcosa non avesse funzionato perfettamente: non s’innesca mai la molla del coinvolgimento (che ad esempio funzionava come un’orologeria nell’installazione recente A Summer in Bikini) e l’installazione finisce per non distaccarsi di molto da un suggestivo slide show.
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www.kendell-geers.net
mariacristina bastante
mostra vista il 21 maggio 2004
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Ma almeno i diritti agli eredi di Kubrik sono stati pagati?
O si tratta del solito furtivo cut'n paste italian style?
E poi, perchè non cercate di arricchire questo mondo cercando di creare qualcosa di vostro, invece di andare a rovistare di notte nel già visto, piaciuto, consacrato?
addio plinio, testimone e artefice del periodo piu felice dell'arte a roma .
Ma che noia, che noia infinita, quest'arte contemporanea.