Il
greco
Yorgo Manis (Kavala, 1981; vive a Londra) accoglie l’eredità del secolo precedente: lo
straniamento delle atmosfere oniriche, l’atemporalità dei luoghi, l’assenza
umana, le prospettive distorte e le stravaganti decontestualizzazioni degli
elementi.
La
pittura metafisica italiana, con
de Chirico e
Savinio, si nutre di classicismo,
simbolismo e romanticismo tedesco. Manis, fedele ai maestri, rende omaggio alla
capitale trasponendo su tela visioni surreali della monumentalità italica.
Sulle grandi tele appaiono i simboli architettonici della Roma antica, mete
turistiche per eccellenza, trasfigurati da una tecnica a olio che tende
all’essenza più che alla descrizione analitica.
Manis –
che non disegna i contorni degli elementi che si appresta a colorare – relega,
quasi fossero su un secondo piano della percezione, i monumenti (che pure danno
titolo alle singole opere) e li disloca su scenari selvaggi. Ma c’è dell’altro:
perché in superficie appaiono linee indicanti direzioni in forma di frecce,
spesso compresenti a didascalie dei luoghi di riferimento.
Google
Maps è l’elemento in più, contemporaneo e calzante, che il macedone dona alla
metafisica prima maniera. La tecnica pittorica, olio su tela, e i contenuti
rappresentati, i monumenti, si attualizzano in funzione di un’applicazione web
che ne arricchisce il potenziale simbolico. Google Maps è il simbolo della
globalità, della visione universale dei luoghi, del turismo virtuale, della propensione
a viaggiare ma anche del voyeurismo geografico, dell’eccitazione dell’essere in
un luogo distante dal proprio.
La
galleria provvede a una disposizione che lascia ampio respiro a ogni tela,
regalando all’osservatore una visione che può cogliere l’aspetto complessivo
dell’opera senza interferenze.
A fine
percorso ritaglia uno spazio autonomo a un’opera minimal, eccentrica rispetto
alle altre,
Trophies of depredation (2009): piccoli libri, sospesi ad altezza sguardo, come
fossero su un’ipotetica mensola. Volumi acquistati su Amazon, i cui titoli sono
appena visibili sotto la patina pittorica che li ricopre. Titoli e contenuti
emblematici, di riferimento politico, che subiscono una perdita d’identità
fattuale perché trasfigurati dall’azione pittorica di Manis, che utilizza la
quarta di copertina come fosse una tela.
C’è un
denominatore comune alle due serie di opere in mostra, un “tipo
umano” che appartiene a entrambe: il collezionista. Qui acquista online e
archivia nuove immagini di luoghi lontani: gli basta un clic sulla tastiera per
farlo. Figura moderna del Novecento, Benjamin ne scriveva in tali termini:
colui che s’impegna nel lavoro di Sisifo a “
togliere alle cose,
mediante il possesso di esse, il loro carattere di merce“, dandone “
un valore
d’amatore“.
Il
collezionista moderno diventa il turista contemporaneo, laddove la sua sensibilità
estetica nasce e si affina in funzione di un nuovo sguardo posto sulla realtà.
Mediato dalle nuove tecnologie, vagabondo sul web.