E’ proprio l’assunto di Nietzsche a costituire il filo conduttore della mostra. L’indagine è volta ad esibire in quali modi la nostra coscienza continui a sentire e a percepire la presenza o l’assenza del soprannaturale. E’ una forza misteriosa e insondabile che incombe sulla vita dell’uomo ormai come un incolmabile vuoto, cui è difficile dare una forma, una definizione, renderlo noto e conoscibile.
E’ questo l’invito, o la provocazione, che è stato rivolto agli artisti chiamati a creare delle opere appositamente per Castel Sant’Angelo: confrontarsi con l’assenza invadente del divino.
I contributi degli artisti sono inglobati in un itinerario che si muove dal buio alla luce (e non solo in senso metaforico) senza, forse, giungere ad una meta, ad un traguardo. Quella che viene narrata è una storia senza conclusione che trae la sua origine proprio da una fine, la morte di Dio, a seguito della quale tutto sfugge al controllo, ogni cosa assume valori e significati nuovi.
Non resta, a questo punto, che stare a guardare.
L’esposizione consta di sei stazioni, numerate da 0 a 6.
La Stazione Zero: Il disturbo ha lo scopo di introdurre il visitatore al percorso espositivo. L’opera di John Cage evoca una realtà ormai passata, il lavoro dell’uomo concepito come fatica. Il disturbo è costituito da suoni, rumori, effetti luminosi che preparano all’irrompere imprevedibile di una forza misteriosa. Di sicuro interesse e funzionale alla visita è la voce registrata di Marcel Duchamp. Il brano tratto dalla conferenza del 1957, Il processo creativo fornisce allo spettatore alcune utili indicazioni che lo predispongono a cogliere i messaggi celati nelle creazioni artistiche che è in procinto di vedere. La Stazione Uno: Il simulacro (opera di Haim Steinbach) esibisce oggetti propri dell’arredo originario di Castel Sant’Angelo, svuotati delle proprie funzioni e decontestualizzati rendono percepibile il senso dell’Assenza. La Stazione Due: Il codice (di Joseph Kosuth) si articola in sei stanze consecutive ognuna delle quali fa da cornice alla traduzione della medesima parola che si staglia luminosa dalle pareti di fondo: significato, meaning, sens, Bedeutung, significado… La Stazione Tre: L’esperienza (Studio Azzurro) è senza dubbio l’ambiente più suggestivo. Suoni e immagini in movimento contrastano il buio e il silenzio. Nascita e morte, inizio e fine, situazioni estreme che aprono un varco ad una realtà che è altra e inesorabilmente presente o assente. La Stazione Quattro: La via mistica della tecnologia di Grazia Toderi segna l’uscita sulle terrazze, il compiersi del passaggio dal buio alla luce, dal chiuso degli ambienti al mondo esterno. Un video propone una inquadratura dall’alto del Castello. Lo sguardo dall’alto che era stato proprio di Dio ora è artificiale, proprio della tecnologia. Una istallazione luminosa della Toderi ci accompagna all’ultima stazione: La via (politica) dell’immanenza dove Ciriaco Campus offre una risposta, una possibile soluzione all’assenza invadente del divino: la solidarietà.
daniela bruni
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ottima recenzione
Grazie mille! Ma che mi dite della mostra? Vi è piaciuta?
grazie!
La mostra é stata interessantissima.
Peccato che non si capisse tanto ciò che introduceva le varie tappe.....