Accomunati dall’intensità cromatica e dalla visione astratta della natura del loro linguaggio estetico, Marco Pili e Antonello Dessì inaugurano la sesta edizione della rassegna curata da Alessandra Menesini. Il primo, fondato sulla razionalità geometrica della rappresentazione, accompagna l’istintività gestuale del secondo.
Se ad uno sguardo superficiale le opere di Antonello Dessì appaiono originare da una radice comune che incarna la rappresentazione della natura mediante maestosi alberi, ad una più approfondita osservazione queste lasciano emergere deformazioni antropomorfe con echi che ben si accostano alle grottesche maschere di Enrico Baj.
Vorticosi colpi di spatola plasmano la spessa materia, talvolta incisa violentemente, tracciando sagome di fusti che affiorano preminenti dal suolo esibendo possenti fronde. Metamorfosi di corpi in tensione evocano la drammaticità della Dafne berniniana mentre i profili arborei sembrano derivare da una ricerca sulla natura che fa capo a Piet Mondrian. Una visione purificata dalla forma apparente, che esplicita la profonda conoscenza dell’artista, da una base classica alle avanguardie storiche.
Dall’assemblaggio di materiali naturali, quali juta, sabbia, argilla e tessuti, genera la pittura di Marco Pili. Prospettive sinottiche dall’alto si giustappongono articolando calde geometrie memori del costruttivismo e non lontane da rappresentazioni vorticiste delle quali mantengono la trazione dinamica. L’artista maneggia la materia dai toni naturali alla quale conferisce improvvise accensioni cromatiche all’interno di perimetri irregolari arricchiti da intricate trame. Astrae paesaggi scanditi dalla sovrapposizione di spessi impasti alternati a distese bruciate, che custodiscono la memoria di una terra arsa dal sole e dagli incendi.
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