Allestiti ad “arte” in un sala
immersa nel buio più completo, da cui emergono illuminati da una luce viva, i
dipinti di Sandro Botticelli, Jacopo Bassano e Ignazio Stern raccontano in chiave
cristiana il più grande dei misteri mariani: la nascita di Gesù.
Legata fino al VII secolo al
racconto dei Vangeli di Luca e Matteo, in epoca bizantina l’iconografia della natività
trae la sua ispirazione dai Vangeli apocrifi, arricchendosi di nuovi elementi e
simbologie. Ma nel XIII secolo l’invenzione francescana del presepe di Greccio
riconduce il modo di rappresentazione dell’episodio al rigore e alla semplicità
dell’interpretazione dei testi canonici, per poi svilupparsi in epoca rinascimentale
nell’Adorazione dei magi e nell’Adorazione dei pastori.
Ed è proprio un’
Adorazione dei Magi il
quadro di
Sandro
Botticelli, collocabile cronologicamente negli ultimi anni del XV secolo e
stilisticamente nell’ultima produzione dell’artista fiorentino. La tavola
incompiuta, rimaneggiata e intrisa di misticismo – tanto da indurre Charles
Heath Wilson a identificare alcuni personaggi dipinti con Girolamo Savonarola e
Girolamo Benivieni -, riflette nella rappresentazione affollata di gozzoliniana
memoria la consuetudine dell’epoca di mimetizzare nel corteo dei magi i membri
delle più influenti famiglie aristocratiche del tempo, che umilmente e senza
doni si prostrano davanti al Bambino.
Lontano dal modo di dipingere
della
Nascita
di Venere, la Sacra Famiglia e i personaggi che la circondano ricordano le
figure allungate e prive di volumetria dei modi tardo-gotici e il rimando è
all’
Adorazione
dei Magi di
Leonardo.
È invece un’
Adorazione dei Pastori la tela di
Jacopo
Bassano. Ispirata nella forma alla pittura del
Parmigianino, del primo
Tiziano e di
Veronese,
l’opera esprime un’originale interpretazione, colta e naturalistica, della
realtà: alle eleganti figure della Vergine, di San Giuseppe e del Bambino si
affianca un rozzo pastore dai “piedi sporchi”, animali che invadono la scena e
un “impudico” fanciullo. La natura non idealizzata è rappresentata
realisticamente, ma soltanto per esprimere con immediatezza il messaggio della
rappresentazione.
Il più tardo dei dipinti in
mostra, la
Natività,
datato 1724, è opera di un autore sconosciuto ai più, ma ultimamente rivalutato
e studiato dai critici:
Ignazio Stern. L’artista sceglie di
fotografare un momento particolare della nascita di Gesù: la Madonna in estasi
rivolge il suo sguardo verso Dio dopo avere ricevuto la grazia di concepire suo
Figlio. Il rimando è alla pittura del
Cignano e di
Correggio, ma in questo
quadro Stern riesce a dare una forza nuova al contrasto luce-ombra, capace di
suscitare nello spettatore una forte emozione.
In un’altra sala è esposto un
pannello della
Natività, tavola centrale di un retablo proveniente dalla
chiesa cagliaritana di San Francesco, opera della fine del XV secolo di un
anonimo artista appellato
Maestro del Presepio. Dipinta secondo i modi
fiammingo-catalani e di carattere votivo, l’opera è una testimonianza della
pittura locale in epoca rinascimentale.