Le pitture di Piero Guccione fermano il tempo e richiedono sguardi velati di memorie sedimentate, per svelare paesaggi dove la linea dell’orizzonte è un segno morbido carico di metafore e lirismo. Una selezione di opere dell’artista siciliano è adesso esposta a Palazzo Ziino, in una mostra antologica, curata da Maurizio Calvesi (contributi in catalogo del curatore, di Paolo Nifosì e Sergio Troisi). L’esposizione presenta una settantina di opere tra oli e pastelli realizzate nell’ultimo trentennio dall’artista, nato a Scicli nel 1935. «Una antologica che definirei un piccolo saggio – sottolinea l’artista – dato che lavoro per temi e per cicli, qui rappresentati solamente con alcune opere».
Guccione, che significato ha oggi per lei il tempo?
«Penso che la velocità del tempo sia una logica conseguenza del momento in cui viviamo. La società velocizzata detta legge anche per l’arte, però occorre distinguere i risultati autentici da quelli che durano un giorno».
Comunque la lentezza è per la sua opera un elemento fondamentale, sia nella fase esecutiva dell’opera che in quella della fruizione. Qui ne è addirittura la chiave che permette l’accesso ad una dimensione sospesa, atemporale.
«La lentezza, con il passare del tempo, è per me una necessità sempre più sentita, forse perché anche lo sguardo è divenuto più esigente, di maggiore ampiezza. E di conseguenza risulta fondamentale per dar corpo all’immaterialità del tempo e della luce».
Lei è rimasto sempre legato alla pittura, senza lasciarsi sedurre da differenti mezzi espressivi.
«Personalmente penso che viviamo in una società eterogenea, caratterizzata dalla presenza di linguaggi molto articolati, e ognuno di questi ha una legittimità, sulla base di valori e risultati raggiunti, indipendentemente dal metodo adoperato».
Ma qual è la differenza legata all’espressività nell’uso differente del pastello e dell’olio?
«Il colore dei pastelli è certamente più rapido, quindi per me l’uso del pastello è legato all’impulso, alla reattività, alla sensibilità più immediata. Per riprendere un paragone fatto dal critico d’arte Jean Clair, il pastello è simile al tiro con l’arco, mette in opera una forte tensione mirata al bersaglio, destinata a colpirlo con forza. La pittura invece, e questa volta sono parole di Leonardo da Vinci, “è cosa mentale”, ed è un’affermazione che condivido assolutamente, che sento attuale e vicina».
Questa esposizione propone una sezione dedicata agli studi di opere di pittori come Caravaggio, Michelangelo, Masaccio. È una riflessione sul passato?
«Piuttosto direi che è un momento d’istinto, dettato da un canone di emotività. Guardo un’opera, una pittura, un disegno, e se mi appassiona o mi emoziona non esito a disegnarla, a dipingerla, per riuscire a conoscerla meglio. Lo faccio senza particolari riflessioni, mosso dall’ammirazione dell’opera, sia essa realizzata da un celebre artista o da uno poco noto. Sono mosso, fondamentalmente, dalla passione».
Le sue pitture si muovono sul crinale strettissimo, in bilico tra astrazione e figurazione, senza mai scivolare completamente nell’una o nell’altra…
«Ho bisogno di essere legato a quello che vedo. Una visione che viene poi ovviamente rielaborata, mediante il mio personale bagaglio culturale ed emotivo. La mia astrazione mantiene la riconoscibilità delle cose, anzi esalta questo aspetto. Per parlare, d’altronde, non è necessario raccontare le cose per filo e per segno».
«Ho vissuto a Roma quasi trent’anni e dopo sono tornato nella mia terra, nel mio paese. Qui sono tranquillo, sto bene. Non potrei più immaginare di tornare a vivere in città. Ho scelto invece di tornare, di dipingere dove ho vissuto perché la mia pittura ha un forte legame con ciò che mi circonda. Quando ero a Roma dipingevo la città, invece a Scicli ho recuperato sempre più il rapporto con le cose, con il paesaggio e con il tempo. Adesso anche la mia produzione artistica riflette queste scelte. Si figuri che dipingo uno o due quadri all’anno, prendendomi tutto il tempo che mi sembra necessario».
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Un caro saluto al pittore, che non conosco di persona, ma che mi aveva colpito da ragazzina con il suo "Mare" nella mostra "l'Opera Dipinta" alla Rotonda della Besana a Milano.
Anna
Ora ho capito perchè le quotazioni di questo maestro salgono sempre di piu. Lavora, come lui ha amesso nell'intervista, pochissimo!!!
Dopo le dichiarazioni di Sgarbi...se fossi in lui dipingerei un po' di più. :-D