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Al via, dal 20 al 23 marzo, il XX Salone del restauro a Ferrara. Che quest’anno ha materia pesante su cui lavorare: la ricostruzione post-sisma. Occasione anche per rivolgere lo sguardo ai progetti internazionali

di - 15 Marzo 2013
Sono quasi 100, tra seminari, incontri, convegni e tavole rotonde, gli appuntamenti che s’ intersecheranno nella quattro giorni ferrarese,  anticipati nella conferenza stampa di ieri, con l’obiettivo di dare nuovo slancio al progetto di riqualificazione dei siti dell’Emilia Romagna colpiti dal sisma dello scorso maggio.
Ferrara, insomma, prova a porsi come vetrina di potenziale respiro internazionale, mostrando progetti a cuore aperto in ambito territoriale (come la modenese Torre dell’Orologio di Finale Emilia) e interventi restaurativi conclusi di rilievo internazionale (come quello per il restauro dell’Arena di Pola in Croazia o il Cremlino di Mosca). Ma c’è spazio anche per il recupero dei beni mobili, con esempi d’ incontestabile interesse (La fuga dall’Egitto di Tiziano, l’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci, la Madonna con Bambino di Andrea Mantegna).  Nelle parole di Carlo Amadori – Presidente del Salone del Restauro  – si coglie la volontà di ripetere il successo della precedente edizione (26mila visitatori e 42 delegazioni straniere). Come Enti istituzionali sono coinvolti nel progetto: la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna – MIBAC, il Comune di Ferrara e l’Università degli Studi di Ferrara.
Innovare, ripensare al restauro in un’ottica di integrazione del processo, riattivare il ciclo produttivo – economico, turistico e culturale della città attraverso il coinvolgimento trasversale degli addetti ai lavori (ingegneri, architetti, ricercatori, restauratori, istituzioni, imprese), incrementare il dibattito sull’innovazione tramite l’operatività delle piattaforme eccellenti (TekneHub – Tecnopolo Università di Ferrara e Aster – Rete Alta Tecnologia) sono i cardini attorno al quale ruoterà questa rassegna che ha per motto “Dov’era ma non com’era”.
Con la volontà di definire il significato fluttuante (Claude Lévi-Strauss) del processo di ricostruzione, il taglio di questo ciclo d’incontri cercherà di stabilire un modus operandi esportabile (in India, Cina, Brasile e Argentina), con una consistente apertura sul tema della conservazione e della promozione delle architetture del Novecento (giovedì 21 marzo).
Tra duplicazione e ammodernamento, recupero del patrimonio storico e integrazione delle soluzioni sostenibili del contemporaneo, s’innestano i due premi di quest’anno: il Premio Internazionale di Restauro Architettonico già assegnato ad ex equo all’archistar Tadao Ando (per l’intervento a Punta della Dogana) e all’italiano Andrea Bruno (per il recupero della Cattedrale di Bargati) e il concorso Heritage Inclusive Design – ancora aperto – per progetti volti alla cancellazione delle barriere (strutturali, architettoniche, di fruizione) esistenti tra le sedi preposte al patrimonio e i fruitori (Paola Pluchino).

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